DON ABBONDIO, LA GOGNA E CHIARAFERRAGNI™

Io ho sempre odiato Don Abbondio. Non ho mai sopportato la sua ignavia, il sottrarsi ai suoi doveri scambiata per neutralità, l’atteggiamento pavido di chi non vuole guai e non vuole immischiarsi in una faccenda più grande di lui: Don Abbondio è uno che semplicemente non vuole grane, non si sente abbastanza coraggioso da affrontare le angherie del potente di turno e tenta la via della fuga. Nel far questo, è anche profondamente convinto di esser lui la vittima di ingiustizia quando le vittime reali sono quelli a cui lui si nega per mantenere il piccolo privilegio di non essere infastidito dal potere. Questo sentimento di odio nei confronti di Don Abbondio non si limita naturalmente alla sola lettura del romanzo. Quando guardai, adolescente, la sua trasposizione televisiva (un colossal RAI dai risultati abbastanza deludenti in cui il curato veniva interpretato da Alberto Sordi) provai lo stesso senso di repulsione per quella maschera, ancora molto attuale, di meschinità e vittimistica impotenza. Già allora però, da adolescente, sono sicuro che se avessi incontrato Alberto Sordi per strada non avrei iniziato a insultarlo e a sgranargli addosso come rosari teorie di malanni assortiti perché aveva interpretato la figura del prete manzoniano in un film. Non è un vanto, non credo che serva molta intelligenza per separare il personaggio rappresentato in un film dalla persona reale che lo ha interpretato sullo schermo. L’odio è per il personaggio, non per la persona. E anche riguardo al personaggio, per quanto alcuni passaggi del libro ci restituiscano un Don Abbondio profondamente umano, invaso da un sentimento altrettanto umano come la paura che non riesce a dominare, anche riguardo al personaggio l’odio nasce da quello che il personaggio rappresenta: da quel complesso di valori che l’autore ha scelto di raccontare attraverso quel personaggio. Don Abbondio, soprattutto quando esce dalla complessità letteraria e assume valenza simbolica nell’immaginario popolare, diventa rappresentazione sintetica di uno schema di valori: è rappresentazione per antonomasia di deferenza al potere e sottomissione pavida di fronte all’ingiustizia. È simbolo, come tanti anti altri simboli presenti nella nostra vita di tutti i giorni, dallo stop all’incrocio allo scambio delle fedi in chiesa, dall’inno nazionale prima della partita alla divisa dei carabinieri. Ora questa distinzione è stata sempre abbastanza chiara per i personaggi letterari, un po’ meno per i personaggi pubblici che, a volte volontariamente a volte loro malgrado, hanno una loro dimensione simbolica. Francesco Ferdinando è stato ucciso da un irredentista serbo in quanto rappresentante della dominazione austro-ungarica e non in quanto più o meno amabile cinquantenne (non conosco la vita privata dell’arciduca, magari in privato era una persona gentilissima o magari no). Anche questa differenza tra ruolo pubblico e vita privata era abbastanza chiara fino a qualche tempo fa; quando si attacca un politico si attacca per le sue idee, per il ruolo che rappresenta nelle istituzioni, a volte anche perché alcune delle sue condotte private risultano in netto e ipocrita contrasto con le convinzioni politiche professate; ma insomma era abbastanza chiaro, sempre fino a un po’ di tempo fa, che la vita privata di un politico aveva a che fare con la sfera politica solo nel momento in cui entrava in aperta contraddizione con essa: un politico che sostiene la sacralità della famiglia tradizionale ma in privato divorziato o con una famiglia tutt’altro che tradizionale, qualche problema di accountability ce l’ha. Un politico gay che porta avanti posizioni omofobe anche. Per il resto non dovrebbe interessarci più di tanto. Finché questi due ambiti, quello pubblico e quello privato di una persona, o quello virtuale di un personaggio e quello reale del suo interprete, restano separati, le cose sono abbastanza semplici da decifrare: ci si può accanire sul primo mostrando pietà (o indifferenza) per il secondo; si può insomma provare umana pietà per l’uomo Francesco Ferdinando e i suoi giovanissimi figli improvvisamente privati dell’amore e della vita dei genitori senza per questo modificare di un millimetro il proprio giudizio politico. O almeno ci si può provare, anche se non sempre scindere i due campi è semplice e l’uno rischia di tirarsi dietro anche l’altro. La dolorosa e lunga malattia di un dittatore o di un mafioso può muoverci a pietà e farci dimenticare il passato di violenza e disumanità atroci inflitte lungo il corso della sua vita? Non è semplice ma, quanto meno, ci si può provare. Difficile farlo con i mafiosi, dittatori e criminali di vario tipo, perché di fatto è la loro stessa vita ad essere sotto processo; è complicato ma possibile con personaggi politici in cui, per quanto controversi, è comunque possibile tracciare una linea di demarcazione tra sfera pubblica e sfera privata. Non mancano gli esempi di politici o giornalisti odiosi (odiosi per i loro atteggiamenti pubblici e le loro posizioni politiche) che in privato (giurano quelli che li hanno conosciuti personalmente) si dimostrano persone affabili, gentili, premurose. Dovrebbe essere invece banale farlo per un personaggio virtuale, un’invenzione letteraria o cinematografica. Lì è evidente la distanza tra il personaggio e l’essere umano. O almeno, era semplice fino a un po’ di tempo fa. Io continuo a pensare che sia fondamentale separare l’attacco alla figura pubblica (sia essa personaggio politico o culturale) e il rispetto della persona reale in carne e ossa. Senonché oggi assistiamo a un fenomeno che attraverso i social è nuovo, soprattutto per intensità: la totale identificazione del personaggio con la persona reale, non per travisamento delle due sfere da parte del pubblico ma per scelta consapevole del personaggio di turno. Inizia a valere per tutti ma naturalmente per alcuni “influencer” questo è più evidente che per altri: io sono sicuro che esista un personaggio chiaraferragni™ e una Chiara Ferragni persona privata, o almeno me lo auguro. Quello che non sono sicuro di riuscire a fare è distinguere dove finisca l’uno e dove inizi l’altra. Prendo ad esempio lei perché emblematica di questo modo di porsi e perché oggi è di nuovo bersaglio di attacchi d’odio social, ma è un discorso che potremmo fare per altri personaggi dello spettacolo e, sempre … Leggi tutto

BRUCIARE TUTTO

Lo slogan “Bruciate tutto” viene da qua: Se domani non rispondo alle tue telefonate, mamma. Se non ti dico che torno per cena. Se domani, mami, vedi che il taxi non arriva.Può darsi che io sia avvolta nelle lenzuola di un albergo, su una strada, o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana). Può darsi cha sia in una valigia o abbandonata su una spiaggia (Emily, Shirley).Non spaventarti, mamma, se vedi che mi hanno pugnalata (Luz Marina). Non urlare se vedi che mi hanno trascinata (Arlette). Mammina, non piangere se ti dicono che mi hanno impalata (Lucía).Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato, che erano i miei vestiti, che era l’alcol nel mio sangue. Ti diranno che è stato per l’orario, perché ero da sola. Che quello psicopatico del mio ex aveva dei motivi, che lo avevo tradito, che ero una puttana. Ti diranno che ho vissuto, mamma, che mi ero permessa di volare troppo in alto in un mondo senz’aria.Ti giuro, mamma, che sono morta combattendo.Ti giuro, cara mamma, che ho urlato davvero forte mentre volavo.Si ricorderà di me, ma’, saprà che sarò stata io a rovinarlo, perché mi riconoscerà nel volto di tutte quelle che gli urleranno contro il mio nome. Perché so, mamma, che tu non ti arrenderai.Però, per quanto tu possa volerlo fare, non imbrigliare mia sorella. Non rinchiudere le mie cugine, non vietare niente alle tue nipoti. Non è colpa loro, mamma, così come non è stata nemmeno colpa mia. Sono loro, saranno sempre loro. Lotta per le loro ali, visto che le mie me le hanno tagliate. Lotta perché siano libere e possano volare più in alto di me. Combatti perché possano urlare più forte di me. Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho fatto io.Mammina, non piangere sulle mie ceneri.Se domani sono io, mamma, se domani non torno, distruggi tutto.Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima. Cristina Torres-Cáceres Nota a margine:  Il fatto che siamo ‘na società malata sta nella nostra incapacità de legge qualunque dinamica de potere e nella prontezza con cui ce mettiamo a fa’ la punta al cazzo a come le vittime de queste dinamiche se devono comportà: troppo violente, troppo maleducate, troppo sataniste, troppo poco “vittime”, non rassegnate al ruolo in cui una società malata pretende de piangele: quello appunto delle vittime rassegnate, che non mettono in discussione lo stato delle cose, che accettano la loro parte nella recita dell’oppressione, che in buona sostanza stanno al loro posto. Solo a queste è dovuta pietà: alle vittime che si lasciano ammazzare, o violentare, o abusare, o discriminare, o intimidire. Che si limitano a piangere o a protestare “civilmente”, un “civilmente” che sempre più spesso è inteso come “inutilmente”; con l’implicito che è ad altri che spetta il loro destino, che non sta a loro decidere i modi con cui porre fine alla loro oppressione ma che, anche questi modi, restano saldi nella disponibilità (e nella misericordia) di chi le opprime. E alla fine la dinamica di potere è sempre la stessa: cambiano le cause (più o meno contingenti o strutturali) ma la dinamica resta identica: che si tratti di donne che vogliono “bruciare tutto”, di immigranti che “non vogliono integrarsi”, di palestinesi che si ribellano, di lavoratori manganellati a un picchetto della logistica, di manifestanti in piazza, eccetera eccetera. Quelli che finiscono a  processo spesso sono i loro modi di protestare. Così le critiche alle forme della protesta contro l’oppressione diventano il pretesto per giustificare l’oppressione stessa: il se lo meritano di turno, dedicato (più o meno inconsapevolmente) a far restare il mondo così com’è: un mondo in cui la salvezza è soltanto personale, mai collettiva, e riservata solamente a chi non osa alterare o mettere in discussioni gli equilibri che lo governano. A queste ultime vittime meritevoli di pietà, se sanno stare al loro posto, possiamo anche concedere lo status di testimonial, di portabandiera, di elevarle dalla loro miseria singola per dimostrare al mondo che non c’è nessun problema strutturale perché, vedi, anche lei ce l’ha fatta. A tutti gli altri la repressione o quantomeno la reprimenda, che imparino a stare al loro posto; che non mettano in discussione gli equilibri di potere, che non gli passi neanche per la testa l’idea di “bruciare tutto”. E invece il mondo continua a bruciare, con buona pace dei pompieri.

FENOMENOLOGIA DEL NEGAZIONISTA CLIMATICO /4

È prevista una nuova ondata di caldo, con annessa nuova ondata di negazionisti. In questa serie ci siamo dati alla speculazione, provando a prevedere anche alcuni dei negazionisti che si manifesteranno nei prossimi mesi.  clima inverter Specializzato nell’inversione di causa effetto, riesce a dare la colpa a tutto tranne che ai cambiamenti climatici. Piovono chicchi di grandine grossi come noci di cocco ma la colpa è dei cappotti termici fatti male; arriva il tornado ma la colpa e degli alberi che crescono troppo (e delle macchine che parcheggiano sotto gli alberi). Sull’Emilia Romagna si riversa una quantità d’acqua grande come il Lago di Garda ma la colpa è degli istrici che hanno bucato gli argini. In Sardegna si registra il record europeo di temperatura per il mese di Luglio ma la colpa è tua che non sei andato in vacanza sulle Dolomiti. Pesa novantaquattro chili per un metro e quaranta ma non è grasso, è solo troppo basso per il suo peso forma. intruppato Dei cambiamenti climatici non sa niente, ma la sua piccola setta politica di riferimento ha deciso che non esistono e lui deve portare avanti la causa per appartenenza. L’intruppato ha più o meno la stessa autonomia di pensiero di un bot, l’aggressività di un chihuahua con la gastrite e la simpatia di un eritema solare. Particolarmente diffuso nel sottobosco politico, si caratterizza per la sua capacità di imitare il capobranco, atteggiamento con cui spera di farsi notare da lui e poter finalmente evolvere in portaborse. goebbelsganger È convinto che se ripete mille volte la stessa cazzata alla fine la gente inizierà a crederci. In realtà questa cosa ha funzionato, ma su di lui. Col tempo si è così convinto delle cavolate che spara e che ripete in continuazione, con fede assoluta: il clima ha cicli di 400 anni regolari e ormai siamo al picco, più CO2 significa più piante quindi meno CO2, Elvis Presley è morto di vecchiaia in una RSA di Lambrate, tutti gli arbitraggi della Juve sono regolari. bentornado Lui nei cambiamenti climatici ci crede e spera ardentemente che il processo prosegua il più velocemente possibile. Per tutta la vita ha desiderato di poter andare in vacanza alle Maldive e adesso che le Maldive stanno arrivando da lui non vuole che nessuno si intrometta. Ha comprato una palafitta in provincia di Frosinone nel 2012 e ora deve solo aspettare l’innalzamento del livello del mare per realizzare il suo sogno. amletico Manca sempre qualche dato per poter prendere una posizione netta, e quindi la sua unica strategia è quella di aspettare inerpicandosi in un estenuante tour de forse: forse le temperature non stanno veramente aumentando! Forse non è veramente colpa dell’uomo! Forse non è un’alluvione senza precedenti! Forse dovremmo ascoltare anche quello zerovirgola di scienziati che la pensano diversamente! Forse questa roba marrone che vedo per terra è cioccolata! Perché non facciamo una prova? Il 99,97% delle persone che incontra lo ritengono un negazionista pavido ma magari si sbagliano tutti. qualcunaltrer La crisi climatica non dipende da lui quindi non ha senso preoccuparsi. Non nega le sue responsabilità ma sostiene che il suo contributo sia minimo: mangia due fiorentine al giorno, compra le fragole a dicembre, fa venti docce a settimana e consuma più acqua di una scuola nuoto, tiene i riscaldamenti a 32 gradi in inverno e il condizionatore a 15 d’estate, guida un trattore diesel del ’94 che usa anche per andare al cesso, ma un accurato studio di suo cugino dimostra che se fosse il solo a comportarsi così e gli altri si impegnassero seriamente il mondo potrebbe sopravvivere senza problemi. ombrellonato Dopo essere rimasto scottato (letteralmente) in una vacanza in Sardegna nell’estate dell’84, l’anno successivo ha scoperto l’utilità dell’ombrellone e delle creme solari e da allora per lui sono la soluzione a qualunque problema ambientale. Il piano A prevedeva di cospargere di protezione 50 gli edifici ma l’esperimento che fece nel ’98 col bungalov non produsse grandi risultati, a parte una frattura scomposta del femore per scivolamento. Da allora è convinto che con dei teli sufficientemente grandi potremmo risolvere qualsiasi problema di surriscaldamento e pioggia. La versione politicizzata di questo negazionista (che si legge staccata: ombrello NATO) pensa che saranno i militari a trovare la soluzione: se l’ombrello NATO ci ha protetto dal sol dell’avvenire, perché non può farlo anche con il sole di oggi? longtermista Non gli interessa il presente, che ormai dà per spacciato, ma si concentra su obiettivi di lungo termine: l’unico modo per sopravvivere ai cambiamenti climatici è lasciare estinguere l’umanità e ricominciare un nuovo ciclo virtuoso salvando una decina di persone, preferibilmente bianche, alte e con gli occhi azzurri. Naturalmente lui fa parte di questi dieci anche se è alto un metro e sessanta e sulla scala colore della pelle si posizione una tacca sotto Gioia Tauro. vaccinefilo è sempre tutta colpa del vaccino. Ormai ha preso quel mood dalla pandemia e non riesce ad uscirne. All’inizio ci era rimasto male perché i vaccinati non erano morti tutti nel giro di due anni, poi ha capito che il piano era più subdolo: è il vaccino che ci fa sentire caldo! Il riscaldamento climatico non esiste, è solo una percezione indotta dal vaccino. Naturalmente il governo mondiale affinché nessuno se ne accorgesse ha dovuto manomettere tutti i termometri del pianeta (con l’eccezione di qualche cruscotto d’auto). Pensateci, qual è l’effetto avverso più comune nei vaccini? Una forte sensazione di bruciore! Bingo! alienato Tutto quello che riguarda il cambiamento climatico è dovuto agli alieni: sono gli alieni che stanno riscaldando il pianeta perché per loro siamo tipo escargot che vanno cotte a fuoco lento, oppure non sta succedendo niente ma sono sempre gli alieni che ci fanno credere che il pianeta si sta riscaldando, perché sono dei simpatici burloni. È una specie teorica di negazionista: sebbene ancora non sia stato individuato un esemplare di tale specie, la sua esistenza è postulata da tutti gli esperti del settore e sono certi che presto si faranno vivi, anche perché, … Leggi tutto

FENOMENOLOGIA DEL NEGAZIONISTA CLIMATICO /3

Continua la catalogazione dei negazionisti climatici. Altri dieci piccoli esemplari avvistati questa settimana.  ininfluencer Non è che non crede nel cambiamento climatico, non crede nelle soluzioni: qualunque cosa gli proponi per lui o è inutile o è impossibile (a volte tutte e due le cose insieme) e in ogni caso non hai nessuna possibilità di influenzare il processo in corso. Le macchine elettriche esplodono, le pale eoliche producono microplastiche, il fotovoltaico costa troppo, la raccolta differenziata la mischiano di nascosto dopo la raccolta, nella cacio e pepe ci aggiungono il latte, inutile che compri lo smartphone fuori dall’autogrill che poi a casa ci trovi il mattone… no aspetta, questa è vera, che anche l’orologio rotto due volte al giorno ci azzecca. centralinivoro Il suo negazionismo climatico si nutre di colonnine meteorologiche, di cui va a caccia al grido di “usciamo dal meteo!”. È convinto che ci sia un complotto per piazzare le stazioni di rilevamento nei punti più caldi della città e falsare così le misurazioni. Passa le giornate a esplorare i dintorni delle colonnine in cerca di scarichi di condizionatori, pizzerie, barbecue, torte di compleanno con più di trenta candeline accese. Calcolando che nel mondo ci sono oltre centomila stazioni meteo attive, non credo che ce ne libereremo tanto presto. lvista Per il LVIsta ogni evento estremo era la dimostrazione del ventre molle dell’Europa e della fiacchezza delle risposte messe in campo contro il cambiamento climatico. Cosa che assolutamente non sarebbe accaduta se ci fosse stato ancora LVI, che bonificava le paludi con lo sguardo. Un tempo sognava fantasmagorici scudi spaziali contro il perfido Albedo, ora è diventato negazionista da quando sono andati al governo gli eredi di LVI. Da allora i tornado arrivano in orario. Di questo negazionista esiste anche la versione parody, dove LVI è Renzi. climacottaro Da dove vengono le false copertine dei giornali sulla prossima era glaciale? O le finte cartine meteo del passato? Ma che c’è uno dietro che le fabbrica? La risposta è si ed è lui: il climacottaro. Se la realtà non ti aiuta nella tua campagna negazionista, il climacottaro può fabbricarti una realtà alternativa, ritoccare titoli di giornali, decontestualizzare testi, photoshoppare foto. Molto ricercato in passato per le sue competenze ora rischia anche lui di estinguersi: non a causa del climate change ma per colpa dell’AI, che può produrre le stesse bufale ma a una velocità molto maggiore. anarcosurriscaldista Per lui il riscaldamento globale è solo un complotto delle élite globaliste per costringerti a cambiare la tua Panda euro 2. Una volta era un fricchettone ambientalista, ora brucia la plastica di nascosto per portare la temperatura del pianeta a 58 gradi: pare che sia l’unico modo per stordire i rettiliani che vogliono stabilire il nuovo ordine globale e controllarci tramite le app del meteo. L’altra teoria è che a 58 gradi l’adenocromo sa di piscio. vulcaniano L’aumento della CO2 è tutta colpa dei vulcani! Cioè, un vulcano emette molta più anidride carbonica di un umano, mica lo vorrai paragonare con un SUV! E poi è chiaro che in questi ultimi 150 anni è aumentata di molto l’attività vulcanica, mica quella antropica. I vulcani sono cattivi e ci odiano e hanno deciso di distruggersi. La soluzione in questo caso sarebbe molto semplice, basterebbe costruire dei grossi tappi di sughero e usarli per tappare le bocche. Dei negazionisti. negazionista vintage Negazionista, di solito avanti con gli anni, che è rimasto ancorato agli schemi del passato. Attenzione, da non confondere con il LVIsta, non è automatico che abbia nostalgie di passati più o meno remoti (anche se spesso capita). Più semplicemente, non riesce a stare al passo con la propaganda e continua a ripetere “Non uscite nelle ore più calde e bevete tanta acqua” anche in mezzo ai monsoni. Siamo convinti che abbia bevuto tanto ma probabilmente, da buon negazionista, non era acqua. tecnonegazionista Ha una fiducia cieca nel potere innevatore della tecnica. Non è un refuso, è proprio “innevatore”: l’unica cosa che gli interessa è che i cannoni continuino a sputare neve artificiale su quella linguetta di terra in cui va a fare la settimana avana (chiamarla bianca ormai è troppo anche per lui). Che poi sciare con 30 gradi ti risparmia tutto il fastidio della tuta da sci e delle maglie termiche. Ha anche provato a lanciare una linea di bermuda da neve, prodotti in Bangladesh. Avrebbe sicuramente funzionato se la fabbrica non fosse stata travolta da un’inondazione. haarpista Forse una delle specie più antiche di negazionista climatico, gli va dato atto che lui era già negazionista quando il clima non se lo filava nessuno. È convinto che tutti i fenomeni atmosferici e i terremoti siano regolati da quattro ripetitori in Alaska, controllati da gente che ci odia e interviene sul clima attraverso le scie chimiche. Odia i più recenti negazionisti cialtroni: lui ha faticato una vita per elaborare complesse teorie che violavano 18 leggi fisiche contemporaneamente e quelli riescono ad andare in TV semplicemente urlando a squarciagola che “ha sempre fatto caldo!”. angelo del s’ignora Ignora tutta la letteratura scientifica sull’argomento perché la risposta l’ha trovata nell’unico libro che ha letto (o meglio, che gli hanno raccontato): la Bibbia. È convinto che il cambiamento climatico sia la punizione divina per il fatto che l’altro ieri due gay si sono baciati in pubblico sul lungomare di Messina. Il riscaldamento climatico per lui è solo il teaser dell’inferno e l’unica soluzione è nella preghiera e nella vita morigerata. Oltre a bruciare tutti i gay, possibilmente a fuoco lento per tenere sotto controllo la temperatura del pianeta.  Qui la prima parte.Qui la seconda parte.Qui la quarta parte.

FENOMENOLOGIA DEL NEGAZIONISTA CLIMATICO /2

In seguito al gradimento e alle segnalazioni di nuovi negazionisti. Abbiamo deciso di ampliare la studio e la catalogazione del fenomeno. In questa seconda parte vi presentiamo altri 10 tipi di negazionisti. climabottista La sua strategia è quella di non prendere posizione e fingere di essere equidistante da quelli che definisce “estremisti”. Se c’è un tornado, fra coloro che derubricano il tutto a pioggerella estiva e i climatologi che parlano di un fenomeno estremo di intensità eccezionale, lui si colloca più meno a metà strada: riconosce che qualcosa c’è stato ma era più una lingua di Menelik d’aria che una vera e propria tromba, al massimo un flauto di plastica della prima media. Equidistante un piffero.  fottivoltaico Più che i cambiamenti climatici, il fottivoltaico è impegnato a combattere i programmi per fermarli, perché secondo lui esiste una sola soluzione: il nucleare. Non importa se la prima centrale nucleare italiana sarà pronta quando probabilmente saremo già estinti, il nucleare per lui è la soluzione per tutto: per la produzione di energia, per la riduzione  dell’inquinamento, per il contenimento dei costi, te lo vende pure come cura per i peli superflui (sembra che le cerette all’uranio siano una bomba). In realtà il suo vero obiettivo è far riconoscere come religione “gli adoratori di Fukushima” per non pagare l’IMU sul garage. neganega Nome comune che indica la specie del Negazionista del Negazionismo. Secondo lui non c’è nessun negazionismo, ma solo delle legittime opinioni che dovrebbero trovare più spazio in un sano dibattito pubblico. Ad esempio, chi può escludere che il riscaldamento globale non sia dovuto alla deforestazione dei castori cha fanno tutte quelle simpatiche dighe di tronchi? E se i castori fossero responsabili anche delle più recenti inondazioni? Perché gli esperti non ne parlano? Si fa chiamare eretico, anche se molti preferiscono il termine “a deficiente!”. struzzo del caldo È un adattamento evolutivo dei negazionisti dei climi torridi. Si rifiuta in ogni circostanza di ammettere che fa caldo, per paura che qualcuno possa iniziare una discussione sul clima. Gira con il maglione di lana anche a luglio, la notte dorme con i riscaldamenti accesi perché è convinto che sia solo una questione di abitudine e prima o poi smetterà di sudare. Sempre a un passo dalla disidratazione a causa dei suoi comportamenti, è uno dei negazionisti a più alto rischio di estinzione, tanto che alcune associazioni animaliste ne hanno proposto l’inserimento nell’elenco delle specie da proteggere: in questo caso da se stesse. muskettiere Qualunque cosa succeda, è convinto che Musk è un genio e salverà il mondo. Che lo faccia con le tesla autoguidate, con i progetti di terraformazione di Marte o le feature a cazzo su twitter il suo giudizio non cambia: Musk è un genio e salverà il mondo. Di solito lo puoi riconoscere dalla spunta blu che ha pagato quindici euro per dimostrare a quelli che twittano gratis che Musk è un genio. Se Musk non si preoccupa dei cambiamenti climatici allora vuol dire che non esistono. Perché Musk è un genio. Peccato non poter dire lo stesso di lui. anticccp Sigla che sta per Anti Communist Climate Change Project. L’hanno convinto che il cambiamento climatico è tutto un complotto per cambiare modello di sviluppo e imporre un sistema comunista (c’è da dire che per lui è comunista tutto quello che è più a sinistra di Pinochet). Convinto di questo, ha deciso che è preferibile un’eroica estinzione di massa piuttosto che abbandonare il capitalismo e dare una chance di sopravvivenza all’umanità. Lo puoi riconoscere dal tipico verso di terrore che emette se qualcuno gli si avvicina e sussurra “patrimoniale”. complottardo di lungo corso È un professionista della negazione: dallo sbarco sulla luna, al Covid, al 5g, alle scie chimiche, ha maturato una lunga esperienza nella negazione della realtà e nell’offerta di rimedi miracolosi, che ora mette al servizio dei negazionisti di primo pelo previa raccolta fondi con associazione intestata a lui. A quelli che aderiscono manda un piccolo manuale che spiega come combattere i talebani del clima aprendo un sito che vende un piccolo manuale contro i talebani del clima. Ma non c’è nessun intento truffaldino dietro: lo fa un po’ per abitudine, un po’ per la gloria, un po’ per quelle migliaia di euro che riesce a raccattare di volta in volta. bastian contratto In realtà non è un vero negazionista: lui è spaventatissimo dal climate change. Fa donazioni di nascosto a tutte le associazioni ambientaliste, ha già redatto un testamento olografo su carta riciclata a favore di Greenpeace e di notte va in giro col passamontagna a bucare le ruote dei SUV. Di giorno però lavora come giornalista negazionista perché è stato assunto con un contratto precario, il suo editore pretende una fake news a settimana sull’argomento e non è che il mutuo si paga da solo. antigretino Lui non è che ce l’ha col riscaldamento globale, a lui gli sta sul cazzo Greta Thumberg. Greta è un prodotto sorosiano delle élite e per questo è cento volte più pericolosa di qualsiasi fenomeno atmosferico: è Greta che fabbrica palle da bowling di ghiaccio con cui bombardare le città più inquinanti. La siccità? Colpa di Greta. I tornado? Colpa di Greta. È Greta che mette di nascosto la panna nella carbonara. Fosse per lui venderebbe la macchina domani e diventerebbe vegano ma, finché c’è Greta, non se ne parla neanche. liberomercataro È convinto che a risolvere tutto sarà la mano invisibile del mercato. Non appena diminuirà la domanda di caldo i prezzi dei climatizzatori crolleranno e questo provocherà un calo delle quotazioni del grado Celsius sui mercati globali. Ha dei bellissimi powerpoint che dimostrano che i fenomeni climatici dovranno per forza adattarsi all’economia e che, se proprio non dovesse succedere, è a causa delle tendenze stataliste dell’atmosfera. Cosa che dice con la stessa spavalderia con cui er bancarellaro de Porta Portese cerca di convincerti che quella è proprio una borsa Vuitòn originale in cui hanno solo sbagliato a scrivere il nome. Qui la prima parte.Qui la terza parte.Qui … Leggi tutto

FENOMENOLOGIA DEL NEGAZIONISTA CLIMATICO

Davanti agli eventi di questa settimana i negazionisti climatici, invece che andare in difficoltà, si sono manifestati in tutta la loro potenza. Ma non sarebbe corretto assommare in una parola comportamenti anche molto diversi tra loro. Segui quindi una piccola casistica dei tipi di negazionisti. SEMPERFATTISTA Per lui tutto è sempre stato così: ha sempre fatto caldo, ha sempre fatto la grandine, i monsoni milanesi sono più tipici del risotto; anche davanti alla sua macchina che sembra sopravvissuta a malapena a un checkpoint israeliano, lui è pronto a scartabellare negli archivi per dimostrarti che nel cinquantotto in Guatemala c’erano chicchi di grandine più grandi di così. Di notte lo potresti trovare a lanciare blocchi di ghiaccio dal cavalcavia nel tentativo di dimostrare che c’è di peggio. HASTATISTICO Può presentarsi come evoluzione del primo tipo o manifestarsi direttamente in questa forma. Nell’impossibilità di negare direttamente il cambiamento climatico, passa le giornate a torturare i numeri sperando di ricavarne un grafico che gli permetta di dare la colpa a qualcun altro (preferibilmente i cinesi, ma l’importante è che sia stato qualcun altro). Quando le serie storiche, anche a fronte delle torture, si rifiutano di dargli ragione, si lancia nelle proiezioni sul futuro realizzate interpolando i dati di temperatura di Salcazzo di Sotto con la percentuale di burro nei biscotti per dimostrare che è tutta colpa delle batterie ricaricabili. CLIMAT CAVIAR Dal suo attico climatizzato a 18° gradi non rileva cambiamenti significativi delle temperature; al massimo rileva un leggero aumento dei prezzi di manutenzione dei condizionatori. Niente che non si possa risolvere con un’ulteriore liberalizzazione del mercato o, al limite, con la reintroduzione della schiavitù. sovranista climatico Pretende di combattere il caldo africano con le stesse tecniche con cui vuole combattere gli africani. È convinto che con un bel blocco navale e dei grossi ventilatori montati sulle motovedette possiamo invertire le correnti. In caso contrario, ha già pronto il piano B: un bel muro al centro del mediterraneo che consenta l’ingresso solo ai venti che abbiano davvero voglia di contribuire al benessere di questo paese. riscaldofilo È rimasto intrippato dieci anni fa su quel meme fintocinese che dice che ogni crisi è anche un’opportunità e sì è convinto che il riscaldamento globale sia una manna dal cielo: basterà riconvertire i vigneti a papaya e spostare le vacanze estive a febbraio. È affascinato dalla possibilità di coltivare i pomodori in Siberia e in Groenlandia ma visto che vive in Puglia da due anni prova a capire come fare le orecchiette con le cime di cactus. disallarmista È convinto che sia tutto un problema di comunicazione: per risolvere il problema del riscaldamento climatico basterebbe cambiare la palette dei colori delle cartine del meteo, evitare di misurare la temperatura al suolo, smettere di fare confronti con gli anni precedenti, aspettare due ore prima di fotografare i chicchi di grandine e spostare di dieci gradi indietro le scale dei termometri. Il suo hobby preferito è smontare gli antifurti dalle auto nei parcheggi dei supermercati. Da quando ha smesso di guardare le classifiche ha già festeggiato sei scudetti, tre champions e quattro coppe italia. climatrollogo Ha studiato il clima sul manuale delle giovani marmotte ed eseguito dei complicatissimi calcoli nella sua cameretta, inspiegabilmente rifiutati da tutta la comunità scientifica, che dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che non ha la più pallida idea di che cosa sia la climatologia. Se non riuscite a cogliere l’evidenza dei suoi studi rivoluzionari è solo perché non siete abbastanza intelligenti, non avete le giuste competenze scientifiche, siete parte del sistema oppure non vi siete ancora sottoposti a una lobotomia frontale. prosuver Va bene l’aumento delle temperature, lo scioglimento dei poli, i tornado di provincia, le alluvioni settimanali, i black out energetici, va bene tutto ma l’importante è che lui possa continuare a sgasare in centro col SUV e a stirare le marce e i passanti per sconfiggere la dittatura ciclopedomassonica che vorrebbe imporgli il limite di trenta chilometri orari nei centri abitati o (addirittura!) il passaggio all’elettrico che gli impedisce di fare brum bruuuum! Lo trovi schierato in prima linea contro l’insopportabile frastuono dei tram. troppotarder Il troppotarder si manifesta di solito come stadio finale di evoluzione di diversi tipi di negazionista visti in precedenza. Dopo aver passato anni a combattere, ha finalmente accettato la sconfitta e raggiunto quella sciroccata pace interiore con cui prova a convincerti che bisogna abbracciare l’Apocalisse, magari usando un paio di guanti da forno perché comunque l’Apocalisse scotta. loltrista Forse non il più sveglio, ma sicuramente uno dei negazionisti che fa più ridere (pare che il nome venga proprio da LOL, anche se esistono altre ipotesi). Con notevole sprezzo del ridicolo e anche dei principi elementari della logica, riesce a sostenere contemporaneamente tutte le posizioni precedenti, a volte addirittura nell’arco della stessa conversazione con frasi del tipo: non c’è nessun cambiamento climatico, che comunque è tutta colpa dei BRICS e se non facciamo subito il nucleare sarà un disastro, al quale ci adatteremo senza alcun tipo di problema. Qui la seconda parte.Qui la terza parte.Qui la quarta parte.

IL MANUALE DELLA NON MOLESTIA

IL MANUALE DELLA NON MOLESTIA Premessa. Tutte le volte che un maschio inizia a parlare di stupro e annessi è necessario fare una serie di premesse: la prima che mi sento di fare è che, a margine dell’ennesimo fatto di cronaca su cui, di fatto, non sappiamo niente, si sono scatenate una serie di reazioni pavloviane da cultura dello stupro e victim blaming su cui c’è tanto da dire, ma sicuramente è stato fatto molto meglio di come potrei fare io quindi, semplicemente mi accodo e quello che scriverò di seguito va inteso come integrazione e non come contrapposizione a quei discorsi (ovvero: non è possibile nessun discorso ulteriore se prima non partiamo dal riconoscere che uno dei discorsi reazionari dominanti è, ancora oggi, quello della colpevolizzazione della vittima). La seconda premessa è che in quanto maschio forse sarebbe più saggio stare in silenzio ed ascoltare, epperò credo come maschio ci siano un paio di cose da dire su alcuni discorsi secondari che intravedo, roba che definirei il piano B dei maschietti, e che mi sembrano comunque subdolamente pericolosi anche se in maniera diversa (il che non vuol dire che alcuni di questi discorsi non siano portati avanti anche da persone di sesso femminile: restano comunque discorsi maschili) e quindi, visto che saggio non lo sono mai stato, mi accollo il rischio di provare a ragionarci sopra, da maschio. Fatte queste premesse, e fatti salvi gli accidenti specifici del caso che nulla aggiungono al discorso generale, la domanda è, depurato il discorso di tutte le posizioni reazionarie che si collocano grosso modo al livello culturale di un lanzichenecco durante la razzia di un villaggio, se resta nel rumore di fondo qualcos’altro su cui indagare; e mi pare, questa volta come altre, che tutta una serie di “battute” più o meno infelici e provocatorie sul consenso e sulla validità del consenso siano anche la spia di qualcos’altro. Sia chiaro, molto spesso non c’è veramente nulla di diverso dai discorsi sulla colpevolizzazione posti in premessa, o dal richiamo a un imprecisato stato di natura in cui le cose sono sempre state così. Credo però che, oltre a questo, inizi a emergere un secondo tipo di discorso pubblico (che assumerò per ora come fatto in buona fede) che però mi pare sottilmente ma ugualmente pericoloso: per brevità lo chiamerò piano B dei maschietti o anche discorso normativo. Il retropensiero che sta dietro i “finti contratti sul consenso” condivisi online non è soltanto quello di screditare e inficiare la libera volontà della donna ma anche quello di ristabilire il significato di consenso/molestia/stupro attraverso un processo definitorio, delimitativo, in un discorso che è appunto di tipo normativo e che, quando è fatto in buona fede, potremmo riassumere così: ok, io rinuncio al mio ruolo di predatore sessuale perché ho capito che è sbagliato, ma mettiamoci intorno a un tavolo e stabiliamo in maniera condivisa che cosa va considerato molestia e cosa no, cosa va considerato stupro e cosa no, quello che posso lecitamente fare senza sentirmi/comportarmi come un predatore sessuale, quello che mi è vietato in quanto maschio e quello che invece è considerato accettabile. È un discorso che ho visto spuntare con una certa regolarità ogni volta che viene messo in discussione un singolo comportamento (il catcalling, l’apprezzamento sessuale, eccetera) e che quando non è fatto in malafede sembra avere anche una sua apparente ragionevolezza: una specie di catalogo degli atti leciti, un manuale finalmente definitivo della non molestia entro cui inquadrare e deresponsabilizzare il singolo episodio. Insomma, pur non trincerandosi dietro una fantomatica cancel culture per la quale “non è possibile più fare niente”, si cerca rifugio in un più politicamente corretto “ok, dimmelo tu quello che posso e non posso fare e mi adeguo.” E quindi stabiliamo, di volta in volta ma in maniera lapidaria, che il catcalling non si fa, che chiedere a una propria dipendente di uscire non è opportuno, che in generale non sono opportune relazioni sentimentali sul lavoro tra persone che hanno qualifiche differenti, che l’apprezzamento con vaghe (sì ma quanto vaghe?) allusioni sessuali in contesti lavorativi è da evitare, fino al paradosso del contratto che pretende di chiarire preventivamente quali sono i limiti del consenso, per quali pratiche e con quali durate (che potremmo derubricare a paradosso-boutade se ad esso non fosse ispirata una puntata di black mirror, se qualcuno non avesse provato qualche anno fa a trasformarlo in un’app nel mondo reale e se diverse leggi non concentrassero il tutto sull’esplicitazione del consenso e alcuni non provassero a trasferire quello che è un approccio legislativo al campo culturale). In tutto ciò, come in altri settordicimila situazioni, assistiamo alla grande magia del mondo contemporaneo: la sparizione del contesto. Io non credo che questi discorsi siano sbagliati: mi pare solo che qualcuno, non so quanti in mala e quanti in buona fede, stia cercando di farlo atterrare su un altro territorio. Ora io credo che chiunque abbia avuto la necessità di doversi accoppiare carnalmente con un altro esemplare del genere umano sa che l’approccio “che vuoi scopà?” ha un’efficacia molto marginale a meno di non trovarsi dentro la trama di un film porno e che, nel prolungato intermezzo che passa tra l’elezione di una persona a possibile partner sessuale al momento effettivo in cui tale accoppiamento si materializza o si riduce a pura fantasia irrealizzabile esistono una serie di gradi di approssimazione in cui è sempre possibile che il proprio desiderio si incontri e si scontri col desiderio dell’altro, esponendo ognuno di noi a più o meno imbarazzanti fraintendimenti. Così come chiunque di noi abbia anche solo visto Pulp Fiction credo riesca a cogliere che un massaggio ai piedi può essere una cosa che non è niente, che fai a tua madre, come anche qualcosa che ti fa fare un volo di quattro piani perché forse non è lo stesso fottuto campo di gioco, non è lo stesso campionato e non è nemmeno lo stesso sport ma è una cosa che a un uomo (dove nel film … Leggi tutto