LA PESCA DELLA DISCORDIA

C’è sto spot de Esselunga che ha suscitato quarche piccola polemica. Mo prima de addentracce in discussioni filosofiche io me volevo fermà sul fatto che c’è proprio un motivo tecnico per cui lo spot non funziona. Perché dopo i primi dieci secondi de dramma familiare in cui la madre se perde la fija perché catturata da un cespo de insalata, c’è sta scena della pesca in primo piano sur nastro della cassa che te sta proprio a “telefonà”, pe’ usa un gergo tecnico, er fatto che se la cassiera non te l’ha tirata in faccia perché j’hai portato na pesca da sola, senza mettela nella busta, senza pesalla e stampà l’etichetta e senza manco usa i guanti de plastica, allora deve esse proprio ‘na pesca speciale: se dopo trenta secondi già hai abbandonato qualunque pretesa de verosimiglianza è perché me vòi proprio comunicà l’importanza de sta pesca (pèsca mannaggiarcazzo ma io non so uno che se fissa co’ la dizione me va bene pure ‘sto neo-neorealismo de la madre analfabeta che non riesce a di’ na frase in italiano standard e vive in un loculo de 400 metri quadri).  Mo m’hai appassionato a sta metafora ortofrutticola, che infatti da adesso in poi io non me la filo più ‘sta regazzina triste, se piagne, se ride, chissenfrega io vojo sapé della pèsca e infatti appena la vedi, la regazzina, che inciafruja dentro lo zaino lo capisci subito che sta a pià quella, perché vabbè che ormai c’ho la soglia d’attenzione de un criceto mbriaco ma so’ passati trenta secondi da quanno m’hai messo le luci ar neon lampeggianti co’ scritto: RICORDATE DELLA PERSICA!, e io me lo ricordo, l’ho capito er giochetto, anche perché non lo usano manco più le telenovele ce sarà un motivo. Così m’hai tolto quarsiasi sorpresa, è dall’inizio dello spot che ormai sto a aspettà quello che me devi di’ su sta cazzo de pesca. M’hai lasciato co’ la pesca unica latrice der messaggio (che vor dì che tutta la responsabilità dello spot sta ‘ncoppa a ‘sta perzeca che manco Oppenheimer co’ la bomba atomica) e io allora me aspetto quarcosa tipo che la piccola Aria Stark depressa che m’hai voluto raccontà, ar padre j’ha avvelenato la frutta cor cianuro de potassio pe vendicasse d’avvece du genitori cojoni, o che ce se strozza direttamente er padre co’ un improvvisa virata pulp, che invece de la pesca tira forì na cipolla e invece no: è proprio la pesca.  E co’ la pesca t’ariva er messaggio e tutta la pantomima de risposte: te la manna mamma, ok poi je telefono eccetera. Perché a quer punto mica te potevi accontentà de di’ papà t’ho pensato oggi mentre facevo la spesa e t’ho comprato questa, che era roba normale, no, me deve diventà la pesca simbolica der trauma infantile der fijo de separati condannato all’infelicità eterna perché er sacro vincolo der matrimonio s’è spezzato e non potrà esserci mai piena gioia al di fori de quer perimetro, pe finì cor padre che guarda la finestra chiusa co’ la consapevolezza che non andranno più insieme a fasse insultà dalla cassiera che manco la frutta erano capaci de comprà, poi dici hanno divorziato. Però lui pesca la pronuncia bene, e forse è questo er messaggio profondo che ce vòle trasmette esselunga: che solo chi apprezza le pesche ha accesso ai sacri misteri della corretta dizione.

L’ANSIA IN PILLOLE

L’ANSIA IN PILLOLE Io la tv non la guardo più tanto, mi capita soprattutto di farlo quando vado a fare visita ai miei, quindi non lo so di preciso se è effettivamente una cosa nuova o una roba vecchia che mi è capitato di vedere per la prima volta solo in questi giorni. In realtà è una cosa piccola, non è una di quelle cose per cui partono le indignazioni generali, non c’è nessuno scandalo dietro, niente di illegale, solo una di quelle cose piccole che ti fa pensare (almeno a me lo fa pensare) che abbiamo sceso un altro gradino in questa inarrestabile marcia verso l’abisso. Mentre andava la pubblicità tra una soap e l’altra di quelle che vede mia madre è comparso lo spot di un farmaco per l’ansia. In realtà per l’ansia “lieve” perché nel nostro paese non si possono fare (ancora) pubblicità per farmaci che richiedono prescrizione medica. Quindi c’era questa pubblicità con la musichina allegra per l’ansia lieve, dove naturalmente ansia era scritto grande e lieve piccolino, tante volte, in tante immagini diverse: sempre con ansia scritto grande e lieve scritto piccolo in un angolo. Ora la prima domanda è: a chi è rivolta questa pubblicità? Perché io ho l’ansia, vedo la pubblicità per l’ansia-scritta-grande lieve-scritto-piccolo e magari penso: la provo, magari la mia ansia è lieve, magari funziona. Ci sta, poi se non funziona in caso vado dal medico. Sì ma questo io, questo io dell’ansia lieve, chi è? E allora mi è venuto in mente lo spezzone che gira in questi giorni online sulla ragazza in lacrime davanti al ministro per l’ambiente che dice che ha l’eco-ansia. E il ministro risponde e poi poco dopo si commuove e si mette a piangere anche lui. Ho letto, online, che il ministro prova rispondere da ministro e poi l’uomo ha la meglio, sul ministro, e allora piange. A me invece sembra esattamente il contrario, le sue parole e quel misto di commozione mi sembrano proprio la rappresentazione dell’uomo che soccombe al ministro. Mi sembrano dire: ti capisco ragazza mia, capisco il tuo dolore, piango insieme a te, come nonno, perché penso che i miei nipoti condivideranno la tua stessa sorte. Ma io sono un ministro: il mio ruolo è far sì che questo sistema vada avanti così, il mio essere ministro è incompatibile con un cambiamento significativo dello stato delle cose. Tu pensi che potrei fare qualcosa, ma il motivo per cui sono stato nominato ministro è esattamente perché non lo farò. E quindi piango con te, piango la tua impotenza e la mia e il fatto che a questo tu e i miei nipoti dovrete rassegnarvi e con quest’ansia dovrete imparare a conviverci. Lacrime dell’ineluttabile come quelle di Elsa Fornero. L’eco-ansia è un’ansia lieve? È questo che stiamo dicendo ai ragazzi? Prendetevi la pillolina per l’eco-ansia lieve e vedrete che tutto andrà bene. Che poi l’implicazione successiva è che se la pillolina per l’ansia non funziona significa che hai un’ansia non lieve e allora a quel punto devi proprio andare dal medico e curarti. Però poi a me in testa rimane un’altra domanda: ma perché quella ragazza ha l’ansia? Perché così tanti giovani oggi hanno l’ansia? E allora mi è tornata in mente una frase di Fisher con cui stavo preparando un poster di futurabilia: “l’ansia è lo stato emotivo correlato alla precarietà (economica, sociale, esistenziale) che la politica neoliberista ha normalizzato”. E questo è il motivo per cui l’altro giorno, guardando lo spot, ho avuto la sensazione di scendere un altro gradino: perché ora c’è tutto. C’è la precarietà, c’è la ansia e da qualche giorno (o forse molti di più) c’è la normalizzazione via spot. L’ansia è un elemento ineliminabile di questo modello di sviluppo, fattene una ragione. In fondo l’ansia è produttiva, non è una depressione che ti butta in un angolo, che ti lascia steso sul letto senza voglia di fare niente, entro una certa soglia un po’ d’ansia ti spinge a impegnarti di più, a dare il massimo. L’ansia non solo è compatibile con il sistema, l’ansia è addirittura funzionale al sistema, basta tenerla sotto controllo affinché non ecceda certi limiti e diventi paralizzante e improduttiva. È normale ma non preoccuparti, abbiamo la soluzione: il tuo disagio non solo non va politicizzato, non va neanche medicalizzato, si risolve tutto in quel piccolo triangolo magico che si stabilisce tra te, la televisione e la pillola. Prendi la pillola e sopporta il mondo. Prendi la pillolina per l’eco-ansia, se serve abbiamo anche la pillolina per l’ansia lieve da precariato, la pillolina per l’ansia lieve da mutuo o d’affitto, la pillolina per l’ansia lieve da licenziamento.Una risposta che vediamo anche nelle reazioni scomposte di molti al video della ragazza: è lei che deve farsi curare, è lei che ha un problema (un gradino sotto ci sono quelli che credano che sia tutta una messinscena, e lei un’attrice che recitato la parte di quella con l’ansia). L’importante è che l’ansia non diventi un elemento del dibattito pubblico: non esiste e se esiste è un problema personale. Quello che non possiamo neanche accettare di chiederci è se ha un collegamento con la nostra società: Perché il punto è quello: l’ansia sta aumentando? E se non sta aumentando (pare di sì), come mai hanno iniziato a farci spot pubblicitari in tv? È solo uno spot, mi ripeto, eppure mentre lo guardo continua a girarmi in testa un’ultima domanda: e quando l’ansia non sarà più lieve? Quando avremo bisogno di farmaci più pesanti, continueremo a ritenerlo un problema personale o ci decideremo finalmente ad affrontare il fatto che la nostra società e il nostro modo di vivere forse hanno un ruolo in tutto questo? Lo faremo, o semplicemente penseremo che siamo noi che non siamo abbastanza “forti” e scenderemo un altro gradino chiedendo ai medici di prescriverci qualcosa di più efficace? Fino a che punto riusciremo, sempre per usare un’espressione di Fisher, a privatizzare lo stress? Quanti gradini ci separano dall’epidemia di fentanyl che negli … Leggi tutto