SDS#141 – AFFARI TUOI

La notizia della settimana è che nella lotteria delle deportazioni pare che Biden mo ce manna 500 migranti sudamericani (un po’ a noi e un po’ in Grecia, giusto pe’ favve capì come ce considerano oltreoceano). Er governo ha smentito, dice che so’ solo na ventina che rientrano in uno scambio in cui noi je mannamo i migranti libici, insomma molto probabilmente na roba elettorale de cui poi alla fine non se farà gnente. Ma non è questo il punto. Er punto è che qualcuno ha pensato che sta cosa dello scambio possa essere un argomento intelligente. Io me l’immagino: Allora, è vero, ci mannano sti venti peruviani però noi in cambio je damo cento libici e du dozzine de tunisini. Poi sti peruviani cinque li damo a Rama (deppiù no perché quello vole i sordi) e l’antri li mannamo in Inghilterra che loro tanto li deportano in Rwanda ma in cambio vojono che se piamo cinquanta pakistani. Che sembra un’inculate ma fidateve che i pakistani c’hanno più mercato. Mo all’inizio li volevamo piazzà a Modi ma pare che quelli se odiano così tocca a fa una triangolazione per cui ne mannamo la metà in Turchia pe’ uno scambio alla pari coi siriani, che quelli in India ce li potemo mannà e ar dunque tocca a vede come saranno le quotazioni coi bengalesi.L’altra metà li potemo scambià solo co’ la Spagna che ha detto che in cambio ce manna 30 senegalesi, de cui però armeno cinque forti a pallone. E lo so so neg-, cioè volevo di’, so’ africani ma veramente questo passa er convento sto periodo, non c’è nient’altro a disposizione. L’ucraini che potevamo pià l’avemo presi, altri migranti bianchi manco a pagalli, amo fatto na proposta alla Polonia per no scambio 5 a 1 coi nigeriani ma niente, qua fino a quanno Putin non invade un antro stato europeo de profughi bianchi non se parla. Però avemo fatto l’accordo co’ la Libia, loro i senegalesi se li piano e pure i bengalesi, in cambio ce danno cento libici e du dozzine de tunisini che uno dice vabbè ma tutta sta fatica e stamo ar punto de prima? E no! Questi so’ altri libici! E se ce offrono er cambio pacco co’ la Grecia, che famo? Metti che dentro ce stanno i ducentomila afgani? È un rischio! Però magari ce dice culo e ce piamo er pacco co quattro iraniani. No, non ce stanno i pacchi coi migranti bianchi! Ora io me chiedo solo se tornerà un momento, mentre che aspettano che se riapre er fantamigrante e capimo dove pià li schiavi e dove piazzà l’esuberi, me chiedo se tornerà er momento in cui ce ricorderemo che stamo a parlà de esseri umani come me e come te. Che sia gente che mòre sotto le bombe, o dentro un lager, o in mare, o in mezzo ar deserto, o semplicemente un povero, finimo sempre a fa la lista delle persone un po’ meno persone, dei popoli un po’ meno popoli. Basta che quer popolo non sei tu, che te frega, mica so’ affari tuoi. E poi, una volta che hai cominciato a fa la lista, da quer momento la strada è tutta in discesa. Diventa tutto facile, finiti l’ostacoli, finiti i percorsi in saliti. È tutta na lunga discesa verso il baratro.  

SDS#106 – FUORI DAR MONDO E DAR MONDIALE

Zoff, Burgnich, Facchetti; Rosato, Guarneri, Salvadore; Domenghini, Mazzola, Anastasi, De Sisti, Riva. Senti come sona? a parte Burgnich che pare tedesco, la senti l’italianità? artri esempi? Paolo Rossi. Più italiano de così giusto se se chiamava Mario. Totò e le notti maggiche, Mo voi mette si te dovevi ricordà de Mohamed Hakimi la fatica? Che poi parlamose chiaro, non è mica solo un fatto de nomi ma pure de salvaguardia della tradizione calcistica italiana: Er portiere, che là un aiuto straniero ce farebbe pure commodo visto che l’artezza media nostra è un metro e quaranta e infatti quanno ne trovi uno arto lo pii e lo piazzi in porta fino a 48 anni, fino a quanno è in grado de deambulà da solo. Ma noi niente, er portiere deve esse italiano, come massimo dell’esotico è concesso er cognome che finisce pe’ consonante. Visto er ruolo de responsabilità ce manca solo che te metti a fa’ la puntarcazzo pure sui cognomi.I terzini devono avecce cognomi che nun te ricordi ma de base italici, Maldini, Cabrini, Spinazzola. De base devono incollasse alle ali avversarie, secondo l’italico pensiero della prudenza e il supremo insegnamento der catenaccio. I centrali sporchi, brutti e cattivi come un firm de Ettore Scola. Da Gentile a Materazzi, l’unica regola è che non esistono regole, l’allenamento consiste ner capì come trasgredi quelle poche che l’arbitro prova a fatte rispettà senza fatte espelle ner primo tempo.Er mediano, sto fregno brutto de cui raramente te ricordi che è esistito, Oriali o Gattuso che sia, core, core, core senza che mai nessuno se ne accorge, coll’unica speranza che armeno er Ligabue der caso dopo trent’anni te dedica ‘na canzone.  Er regista, il manovratore, er macchiavelli della squadra. Ma sempre, secondo l’italica usanza, senza prendese mai ‘na responsabilità, ‘na scelta: si non funziona de base è corpa de un altro. Un Giannini de turno, un Albertini che non ha fatto politica.Er trequartista, leader maximo, si se vince è tutto merito loro, si se perde vedi alla voce regista. Non serve che cori, puoi stazionà vicino alla porta sperando che t’arivi la palla. Se non t’ariva so’ l’artri che non te valorizzano come fuoriclasse.E infine l’attaccante, er finalizzatore, l’utilizzatore finale de le zozzate dell’altri, quello che ce mette la zampata finale e se pian tutti i meriti. Silvio Berlusconi state of mind: in caso buttate a tera e dai la corpa all’arbitri comunisti. Mo te pare che arivi e te metti a scombinà un equilibrio tanto delicato che s’è sedimentato nei decenni e garantisce a ognuno che non è corpa sua se non te qualifichi ai mondiali? Mo come je lo spieghi a uno de origini senegalesi che er terzino non deve scattà in avanti? È normale che la FIGC* ha deciso che sti ragazzetti non li vole tesserà, non c’hanno er patrimonio genetico-culturale adatto. Nun è che perché sete nati qua e parlate bergamasco avete assimilato cent’anni de background calcistico. Cioè, so’ diciott’anni che famo schifo ai mondiali, voi manco eravate nati, dopo er 2006 avemo giocato sì e no quattro partite in tutto, mo non è che arrivate voi e ce scombinate tutto. Che magari volete giocà solo a pallone, ma che ciavete preso, pe’ la Francia?None, magari er prossimo mondiale lo giocamo ner 2050 ma voi mette l’orgoglio e la soddisfazione d’avè impedito a dei ragazzini de giocà a pallone? — *Sta sintesi è stata scritta quando è uscita la notizia del blocco dei tesseramenti. Pe’ fortuna la cosa è rientrata e pare che fosse solo colpa della burocrazia.

SDS#105 – ALLA FINE DELLA FIERA

Alla fine della Fieraco’ du voti, una leggina il Parlamento approvò. E venne Napolitano co’ Livia Turcoche se inventarono i CPTe co’ du voti il Parlamento approvò. E venne er Padanoche insieme a Finite trasformò in CIEi CPT della Turco-Napolitanoe co’ du voti il Parlamento approvò. E venne Prodi che non fece un cazzoe lasciò aperti i CIEde Bossi e Finiche co’ du voti il Parlamento approvò. E venne Maroniche ar contrario de Prodivarò er “pacchetto” sicurezzacor reato de immigrazione clandestinape’ mannà ancora più gente nei CIEde Bossi e Finie co’ du voti il Parlamento approvò. E venne Minnitiche fece l’accordi co’ la Libiacosì morono a casa loro,invece de diventà clandestinisecondo er pacchetto Maroniche li vòle tutti nei CIEde Bossi e Finie co’ du voti er Parlamento approvò. E vennero i Giallo-Verdicor “decreto” sicurezzache ridusse pure le norme umanitariepe’ quelli che non crepavano in Libiape’ l’accordi de Minnitima clandestini secondo Maroniche finivano nei CIEde Bossi e Finie co’ du voti il Parlamento approvò. Poi venne er Conte IIche provò a mette ‘na mezza pezzaai danni fatti dar Conte Ima rimase comunque tutto l’impiantodei decreti sicurezzadell’accordi de Minnitidella legge de Maronidei CIE de Bossi e Fini(che mo se chiamano CPR)e co’ du voti il Parlamento approvò. Mo ce sta Meloni,che è mejo se te ne stai a casama se proprio insistite metto ner CPRa meno che non me paghi la steccama no in contantime devi fa la fideiussioneda sopra la navein piedi su una gamba solaco’ un braccio dietro la schienatradotta in sedici lingueme dispiace non c’è er greco anticolo vedi sei tu che ‘nsei collaborativono io che so’ razzistacomunque mo er decreto è questot’attacchi ar cazzoe co’ du voti il Parlamento approverà. Alla fine della fieraer Parlamento in più de vent’anni su questo temaha approvato un sacco de merda.

L’INIZIO (A.K.A. #SDS100)

Non lo so come è cominciato. Certo oggi, dopo che tutto è finito, a voi sembra quasi impossibile che sia potuto accadere, e che sia accaduto nella quasi indifferenza generale, se non addirittura con il supporto sguaiato di parte dell’opinione pubblica. Eppure è accaduto e voi mi avete chiamato oggi in questa scuola come testimone, perché qualcuno ha pensato di darmi questa medaglia che vedete qui appesa sul petto e allora mi avete chiamato a raccontare di quel periodo, e io ho quindi il dovere di provare a darvi una risposta, come testimone e come presidente della Fondazione Sani. Potrei dire che erano altri tempi, che non eravamo così preparati come lo siamo oggi, ma sarebbe una bugia. E la bugia non sarebbe che eravamo impreparati ieri, ma che crediamo di essere preparati oggi. Anche allora credevamo di essere preparatissimi, avevamo studiato la storia, ci sentivamo immuni da qualsiasi deriva; non lo eravamo e, credetemi, non lo siete neanche voi. Credo che noi siamo abituati a pensare a queste situazioni come improvvise, come delle discontinuità nette in cui è possibile individuare chiaramente un prima e un dopo, come un bicchiere che cade a terra e si rompe. Io penso che molti anche all’epoca si aspettassero qualcosa del genere: un ritorno del passato in forma di fotocopia, una scritta al neon luminosa di avvertimento con scritto bello grosso, Ehi, sta succedendo adesso! O una musica di sottofondo come negli horror che lo capisci subito che sta per succedere qualcosa, quanto sarebbe comoda una colonna sonora di avvertimento pure nella vita reale? E invece no, e mentre attendevamo questi eventi catastrofici che indicassero chiaramente e senza ombra di dubbio il minaccioso ripetersi del passato, faticammo ad accorgerci dei nuovi modi con cui questo passato aveva deciso di aggredire il presente. Non ci fu nessun bicchiere rotto, nessuno schianto, nessuna scritta luminosa, ma qualcosa più simile alla marea: che sale lentamente, che dovresti star lì a fissarla per delle ore per accorgertene, ché se la guardi per un momento e basta ti sembra che non stia accadendo niente. E poi noi la marea la conosciamo, lo sappiamo che dopo sei ore torna indietro. Questa invece era una lunga marea nera che continuava a salire lenta ma inesorabile, e molti si illudevano che pure sarebbe tornata indietro da sola, proprio come fa la marea, e si resero conto d’essersi sbagliati solo quando l’acqua gli arrivò alla porta di casa. Non ci fu nessun diluvio, nessun colpo di mano improvviso, nessuna marcia imperiosa sul Parlamento, nessuna tragedia epifanica che ne segnasse incontrovertibilmente l’inizio, ma piuttosto un lento e progressivo degradarsi dei processi democratici di cui troppi s’allarmarono soltanto quando ormai era tardi. Come un paio di scarpe di vecchie, che hai indossato per anni e poi un giorno le guardi e ti accorgi del loro stato: sformate, la suola ormai consumata quasi del tutto, la pelle piena di graffi che non scompariranno nonostante il lucido, il grasso e i prodotti miracolosi che ti vendono con la promessa che tornerà come nuova e ti chiedi come hai fatto a non accorgerti che si fossero ridotte così; quasi te ne vergogni, ad essere andato in giro in quello stato, eri convinto che fossero indistruttibili e quelle si consumavano a poco a poco fino a spaccartisi sotto ai piedi. Non che i segni non ci fossero stati, come lunghi graffi sulla superficie della quotidianità. Eppure, così come oggi a posteriori la lettura appare limpida e cristallina, quel rispetto formale dei processi democratici lasciò molti nell’illusione che non stesse accadendo nulla di sostanziale, che tutto fosse indistruttibile; molti altri, pur capendo perfettamente la situazione, finsero di non vedere per interesse personale o di parte; pochi altri, che provarono a mettere in guardia su quello che stava accadendo, furono etichettati come catastrofisti e veniva loro contestata la contraddizione di poter gridare all’involuzione dei processi democratici senza nessuna conseguenza. Io ero fra questi; No, non fra quelli che lanciavano allarmi nel vuoto, fra gli altri. Abituati a considerare il diritto alla libertà di parola come indicatore incontrovertibile della salute democratica delle istituzioni, quasi nessuno pensò che per essere veramente tale doveva esserci anche un qualche tipo di diritto a essere ascoltati. Questo fu forse la più grossa novità rispetto al passato. Se ogni regime aveva sempre operato affinché le voci scomode fossero rimosse, qui ognuno poteva liberamente dire la propria opinione; anzi eri incitato e solleticato a farlo ogni giorno, ogni ora, su ogni tema, sempre di più: dimmi che ne pensi di questo, ti sei già indignato per quest’altro?, urla da questa parte, il tuo parere è fon-da-men-ta-le, come quello di tutti gli altri, e così la tua voce si sovrappone alle altre a formare un indistinguibile brusio di fondo che rende pressoché incomprensibile qualunque discorso. Altro che musica horror, un lungo borbottio confuso di indignazioni temporanee che confondeva tutto. L’unico accorgimento necessario era quello di tenere le voci che interessavano ad un volume leggermente superiore, di modo che fossero le uniche intellegibili. Non c’era nessun bisogno di censura, se non nei rari in cui, per qualche accidente della sorte, una qualche voce dissidente riusciva ad ergersi al di sopra dell’indistinto gargarismo dell’opinione pubblica. Allora si interveniva e in quei casi lo si faceva anche in maniera feroce: ma furono per lo più casi isolati, stigmatizzati dai più ma mai riconosciuti come sintomi di un problema generale. Tutti casi isolati. Anche gli eccessi, erano sempre casi isolati. Il grosso del lavoro era lasciato alla denigrazione pubblica, alla delegittimazione, all’attacco personale che qualcuno era sempre pronto a raccogliere e rilanciare per interesse (personale o di parte), alla lista apparentemente innocua degli oltraggiabili, arrivando perfino a gioire per la degradazione occasionale del nemico di turno. E come recitava quella famosa poesia che forse avete avuto modo di studiare nei mesi precedenti, quando arrivò il loro turno s’accorsero che molti pochi erano rimasti di quelli disposti a difenderli e tanti invece erano i nemici che applicarono a loro gli stessi metodi che … Leggi tutto

SDS#99 – FERRAGHOST

Ferragosto settimana dell’esodo forzato verso il mare, spiaggia e ombrellone vacanza popolare per eccellenza. Prima de arivà ar mare però devi passà dai posti de blocco dello stabilimento. Quindi arivo e parlo cor principale, quello fa du conti e poi dice, allora ombrellone sdraio e lettini so’ mezza piotta precisa. Io je dico guarda te do du euro in più ma l’ombrellone me lo dividi a metà. Ma come a metà? Eh, intero dentro alla Yaris mica c’entra… Oh ma poi io a chi lo riaffitto? Ah, perché pe’ mezza piotta lo rivoi pure indietro? Poi semo passati ar capitolo aperitivi: guarda aperitivi ce stanno de tutti i prezzi: c’è l’aperitivo standard a 25 euro, lusso mezza piotta. Noto una certa fissazione pe ‘sta mezza piotta. Vabbè ce ‘sta pure l’aperitivo pe’ quelli come te. Chi sarebbero quelli come me? Quelli come te, comunque costa dieci euro, è ‘n affare, è fatto con la roba avariata che i NAS se so’ scordati de sequestracce, in pratica so’ l’aperitivi da mezza piotta de du settimane fa. Ma non se potrebbe avé armeno la roba della settimana scorsa? No, co’ quella ce famo l’aperitivo standard. Senti vabbè, famo che arieccote l’ombrellone, io me ripio la mezza piotta e me ne vado ar ristorante. Poi ho visti i prezzi dei ristoranti e so’ annato direttamente in pizzeria.Guardo er menù, c’era sta cosa strana segnata coll’asterisco: ingrediente extra 2 euro, sputo 4 euro. Chiamo er cameriere, scusa ma veramente c’è gente che paga pe’ fasse sputà sulla pizza? No, quello è er supplemento pe’ evità che te scatarramo ner piatto prima de portattela. Sai che c’è? Nun c’ho tanta fame, vado direttamente ar bar. Entro e ordino un caf… no aspè, quanto costa un caffè? Dipende, 1 euro e venti, 70 cent se te porti la tazzina da casa, 40 se te porti pure er caffè. Un caffe normale. Ok ma t’avverto lo zucchero se paga a parte. Me porta sto caffè + zucchero, je dico, Scusa te sei scordato er chiucchiaino. Me guarda come se j’avessi insultato la madre. Ho capito, lo giro col dito. Pago caffè + zucchero + 50 cent che non capisco e quello me fa: ma secondo te la carta dello scontrino me la regalano? Ma guarda tu questi che non sanno come funziona er monno e pretendono de venì in certi posti. Ma quali sarebbero sti certi posti? Aho, certi posti, mo smamma sennò te devo fa pagà er supplemento pe’ occupazione de suolo privato. Così esco e me ritrovo ancora davanti ar mare. E penso che forse ‘sti “certi posti” dove “quelli come me” non se ponno permette d’annà stanno a diventà un po’ tanti. Non è strano? Alla fine non è manco troppo grave, resto qua, sul bordo de sta striscetta de felicità temporanee a botte de mezza piotta. Mica è un dramma. Resto de qua e me dice pure culo che sto dalla parte giusta della striscetta. Che dall’altra parte de quella striscetta ce stanno quelli che arivano a nuoto, e quelli che arivano morti sulla spiaggia. Ma pure quello tutto sommato non pare esse un grosso problema. Basterà pagà un supplemento e te fanno trovà la spiaggia ripulita e la sabbia disinfettata. L’acqua no, non la puoi cambià, ar massimo puoi sceje la piscina riservata a bordo mare. Non è strano che paghi pe annà ar mare e poi te ne stai in piscina?Non è strano che se pensamo che dentro a quell’acqua ci ha pisciato uno il giorno prima ce fa senso, e se pensamo che c’è morto uno, sempre dentro a quella stessa acqua, non ce fa più né caldo né freddo? —P.S.Le famiglie con figli che non possono permettersi una vacanza sono circa 1 su 3.