SDS#112 – LETTERA DI SOLIDARIETà A NETANYAHU

Caro Bibi,capisco che, essendo il leader del popolo che più di ogni altro ha sofferto i crimini di fascismo e nazismo, tu debba faticare il doppio per dimostrare che sei fascista, ma io ti credo. Ho visto l’impegno che ci hai messo in tutti questi anni e capisco la frustrazione di continuare a sentirti etichettare come il presidente dell’unica democrazia del medio-oriente. Chiunque altro al tuo posto si sarebbe rassegnato. Ma tu no. Tu invece hai continuato: hai approvato una legge suprematista di rango costituzionale per chiarire a tutti che ti stavi incamminando verso un abisso etno-nazionalista e poi hai provato anche a sottomettere i giudici ma è stato derubricato il tutto a normale dialettica parlamentare.Hai massacrato i palestinesi in tutti i modi immaginabili: con leggi ad hoc, chiudendo gli occhi sugli omicidi dei coloni, facendo sparare su manifestanti pacifici, sequestrando persone attraverso la detenzione amministrativa: niente di questo li ha convinti.Così hai fatto un governo con tutti gli ultranazionalisti religiosi alla tua destra che rivendicavano apertamente sia il fascismo sia l’occupazione di tutto il territorio palestinese “from the river to the sea” e quelli davano la colpa a loro e ai coloni invece che a te. A quel punto per convincerci che, oltre che fascista, suprematista e colonialista, eri anche una bestia sanguinaria, dopo il 7 Ottobre hai lanciato una delle campagne di bombardamento più intense dalla fine della seconda guerra mondiale, ma quelli l’hanno chiamata diritto alla difesa.  Allora tu, e i tuoi ministri, l’avete specificato con le dichiarazioni pubbliche che si tratta di punizioni collettive ma quelli erano sempre in anticipo. Hai perfino messo nel gabinetto il teorico della “risposta sproporzionata” ma quelli continuavano a non vedere la sproporzione. Bombardavi un’ambulanza e quelli lo negavano, e tu eri costretto a dire: ma no! Guardate che siamo stati noi! Bombardavi ospedali, campi profughi, mercati all’aperto, scuole, sedi delle nazioni unite, e quelli continuavano a dire che tutto era legittimo.Hai ucciso 39 giornalisti e più rappresentanti ONU che in qualunque altro teatro di guerra e quelli continuavano a chiamarli vittime collaterali. Allora pure lì, sei stato proprio costretto a dire che i prossimi li ammazzerai per scelta e niente, neanche adesso ti credono.Hai ucciso più bambini tu in un mese che tutte le altre guerre in un anno e poco manca che i difensori dei valori occidentali facciano il video 3D di questo Baby Iron Dome palestinese fatto di mini-scudi umani sopra il cielo di Gaza (lo farebbero, ma costa troppo il rendering). Bibi, io te capisco, qualunque altro politico nella tua situazione sarebbe già stato condannato non solo dalla Corte Penale Internazionale ma da tutta l’opinione pubblica, e invece tu hai sta croce addosso per la quale tutti dicono che operi nel solco della più cristallina democrazia.Bibi, un consiglio: se vuoi davvero convincere l’opinione pubblica che sei fascista, fa’ una cosa: una bella legge contro donne, comunità LGBT o sull’obbligo di mascherina; e vedrai che si svegliano. Che se continui ad ammazzare palestinesi qua non gliene frega niente a nessuno.

SDS#111 – UN BRUTTO SOGNO

Camminavo tranquillo pe’ strada e a un certo punto ariva uno e me fa, Spostate, tu qua non ce puoi camminà. Ma perché? Perché sì. E come ciarivo ar bar? Fai er giro largo. Vabbè, non m’annava de discute faccio er giro largo becco uno co’ na motosega che correva appreso a un antro che manco Milei durante un comizio elettorale: Ma che stai a fa? E niente je devo tajà la gamba che c’ha un’unghia incarnita poi te spiego mo devo corre sennò me scappa! Più avanti becco uno co’ un cannone, no da fumà ma proprio un cannone puntato verso una casa. Chiedo e quello me fa: c’è un cane rabbioso dentro a quella casa, è pericoloso, lo devo sterminà.Ma aspè ce vive della gente. Se vivono cor cane rabbioso so’ complici, cazzi loro. Poi sto seduto ar bar chiedo un caffè ma er barista niente. Aspetto cinque minuti. Aho ma sto caffè? C’è uno che non m’ha pagato lo spritz de ieri sera fino a quanno no me da i sordi non faccio niente a nessuno. Vabbè ma io che c’entro? Tu c’entri mo vai dai lui e te fai da’ i sordi! Vado da lui proprio ner momento in cui sta a tirà fori la pistola che però sta a puntà verso un antro: je dico fermate, quello è Gigi l’infermiere, è tranquillo. Tranquillo un cazzo ciannavo a scola alle elementari me fregava le merendine mo che ne sai che non ricomincia? In quer momento ariva un elicottero e comincia a sparà a caso e noi se nascondemo tutti dentro ar bar. Poi ariva pure la polizia e uno cor megafono dice che ciavemo un minuto e poi ce bombardano. Ma un minuto pe fa’ che? Aho non cacate er cazzo io v’ho avvertito. E iniziano le bombe. A quer punto me pare d’avé capito che cercano quello co’ la pistola, che però dev’esse scappato o s’è rinchiuso ner cesso ar piano de sotto; Oh, fermi qua c’è solo un barista stronzo che non fa i caffè e quarche antro matto ma chi è che cercate? Er terorista. Ma non ce sta più!Se vabbè, fa quello, so’ boni tutti a di’ che non ce stanno i terroristi, mo che nte fidi de noi? Comunque senti famo ‘na cosa: o l’ha ammazzate voi, o v’ammazzano noi. Ma io mica faccio er killer! Allora te devi da levà de mezzo. Vabbè ma andò vado? Vai de là. A quer punto esco, seguo er percorso che me indicano e a metà strada trovo un poliziotto cor fucile spianate: Fermo oh, io sto a scappà, non so’ un terrorista. E io che ne so? Ma te lo sto a di’ io! E perché si eri terrorista secondo te me lo dicevi? Così pia e me spara. A quer punto me so svejato e stavo a casa mia, ar sicuro. Ho ripiato fiato un attimo. Me so’ detto meno male. Meno male che è solo un brutto sogno, che nella realtà ste cose capitano solo ai palestinesi (e a tant’altri poracci in giro per il mondo de cui non frega niente a nessuno).

SDS#109 – L’AUDACE POLPO DEI SOLITI NOTI

Mo, che ogni guera c’abbia la sua dose de propaganda, da ambo i lati, non me pare una grossa novità. Certo però che quando la propaganda inizia a diventà ridicola, è segno che quarcosa s’è rotto. I propagandisti nostrani, ormai sempre più in difficoltà nel nasconde e giustificà le sempre maggiori evidenze de tutti i possibili crimini de guerra e umanitari commessi da Israele a Gaza (e in Cisgiordania) hanno iniziato a usà la tecnica “ndo cojo cojo”. Così da relativisti della svastica se so’ improvvisamente riscoperti talebani dei simboli, e se so’ scajati in massa contro un porpo de pelouche che sarebbe la prova provata che Greta è antisemita (prima hanno dovuto ritajà la foto in cui c’era na ragazza ebrea perché stonava). Cor paradosso che rischiano veramente de trasformà un pupazzetto innocuo in un simbolo politico, perché me pare chiaro che se domani vado ar ristorante e ordino con tono de sfida polpo e patate, er messaggio che vojo mannà ar mondo è che i giornalisti der Fojo so’ cojoni.Er prossimo passo potrebbe esse quello de vietà PayPal, che quer Pal ner nome è un chiaro messaggio de supporto all’Intifada! Bisognerà toje armeno er rosso o er verde dalle scatole dei pennarelli pe’ evità che i regazzini pe’ sbajo disegnino quarcosa de filopalestinese! Israele ha tajato l’acqua a 2mln de persone: guarda quella nuvola in quer disegno de quer regazzino, non te pare che è a forma de deltaplano?Israele usa er fosforo bianco: ma semo sicuri che la macedonia kiwi fragole e panna non sia un criptomessaggio de solidarietà a Hamas?Israele finora ha ucciso 29 funzionari ONU a Gaza: aho ma che non lo vedi che su un muro de na scòla de Frosinone c’è uno che ha scritto “Israele Merda”?In Cisgiordania dal 7 Ottobre so’ stati uccisi ‘na settantina de palestinesi: Ehm… no, cioè, però… SCONTRO DE CIVIRTA’!!! Più cresce la distruzione, più crescono le proteste, più la propaganda diventa surreale. Se continua così finirà che arriveranno a vietà le manifestazioni in solidarietà con la Palestina, o addirittura aresteranno l’ebrei che manifestano contro ‘sto genocidio in diretta streaming. Ce mancano solo le armi de distruzione de massa de Hamas, ah no, aspè. Perché la propaganda in difficoltà ripiega sempre sui classici. A ‘sto punto avrebbero armeno potuto fa lo sforzo de portà na fialetta in studio. BREAKING: Israeli President Isaac Herzog claims Hamas terrorists who broke into Israel were carrying instructions on how to make chemical weapons. Read more: https://t.co/6aWVJTU1tm Sky 501, Virgin 602, Freeview 233 and YouTube pic.twitter.com/APEG7XlBQJ — Sky News (@SkyNews) October 22, 2023  

SDS#108 – SONDAGGIO

Repubblica quarche giorno fa ha fatto ‘sto sondaggio surreale pe’ chiede agli italiani se so’ pro-Israele o pro-Hamas e hanno stabilito che un italiano su cinque è filoterrorista. Che è un po’ come se io facessi un sondaggio chiedendovi se preferite la pizza con l’ananas o i bucatini alla merda. E venisse fuori che ben il 95% degli italiani sdogana la pizza con l’ananas mentre il restante scrive per Repubblica. Ma non contenti de questa genialata, hanno fatto pure la specifica politica dei partiti. E perché fermasse qua? Noi abbiamo approfondito la materia e possiamo raccontavve a quale fazione della galassia della resistenza palestinese appartengono i singoli: Un elettore su dieci de Forza Italia è a favore del terrorismo, principalmente pe’ una questione de harem che c’ha in testa dai tempi delle cene eleganti; poi nella realtà ha fatto annullà il matrimonio dalla Sacra Rota pe’ non pagà l’alimenti all’ex-moje. La Lega sta soltanto al 3% de terrorismo e so’ per lo più nostalgici dell’internazionale jihadista padana: immigrati che s’erano integrati al nord quando la Lega odiava i terroni e so’ rimasti fissi su quello, perché vabbè che so’ leghisti ma no così cojoni da insurtasse da soli. Fratelli d’Italia sta all’8%: la cosa fa parte de un gemellaggio coi Fratelli Musulmani, sotto lo slogan de “Prima i parenti!” e il divieto della carne sintetica de maiale. L’unico problema è che tutti e due pretendono de parlà solo la propria lingua e quindi non se capiscono. Azione è il terzo partito più fondamentalista d’Italia col 15% e sono a favore di un terrorismo meritocratico fondato su criteri oggettivi e misurabili. Al motto de né con Hamas né con Fatah, hanno scelto Terza Via e stanno al 2.4% pure in Palestina. Poi uno dice le coincidenze. Italia Viva invece sta al 5%, cioè so’ proprio cinque de numero. In sostanza erano contrari ai Patti de Abramo tra Israele e Sauditi e so’ passati cogli sciiti della corrente iraniana. Ricordiamo che Abramo in antica lingua terzopolista pare significasse Matteo Renzi. Il PD sta al 6% ma solo perché hanno truccato er totale portandolo a 104. In realtà so’ tre pensionati de Reggio Emilia che sostengono l’ANP perché se ricordano che una volta l’OLP era una roba de sinistra; che poi è lo stesso motivo per cui votano ancora PD. SI-Verdi, stando ar sondaggio, è na succursale dell’ISIS e se ispira all’arcinota corrente (già citata da molti autori storici) degli ambientalisti islamici. So’ quelli che organizzano le manifestazioni e appena la polizia te carica vengono da te cor ditino puntato. Infine nel M5S un elettore su tre è un salafita. Fanno infatti riferimento a uno dei raggruppamenti più estremisti e intolleranti, ormai diffusi più o meno in tutto l’Occidente ma che l’Italia pare sia riuscita a debellà completamente: le brigate del Reddito de Cittadinanza.

SDS#104 – EROI DEI NOSTRI TEMPI

Dopo le mirabolanti gesta della bidella pendolare e le fantasmatiche imprese della segretaria scooterista, è arivato il momento de presentavve un altro eroe dei nostri tempi: Michele, il rider interregionale. Questa è la storia di Michele Rossi (il nome è di fantasia perché in realtà si chiama Gaetano Friselli) un volenteroso giovane dei nostri tempi che ogni tre giorni inforca la sua bicicletta da rider per portare la zizzona di Battipaglia da Battipaglia a Piazza San Babila. C’è un tizio che evidentemente ancora non ha capito come funzionano le app per comprare i cibi, o forse vuole solo comprare la zizzona direttamente dal produttore, fatto sta che ogni volta arriva la notifica e Michele, senza scoraggiarsi, prende la bici e parte: si alza alle tre e mezza di notte e inizia a pedalare. Grazie a un amico casellante che chiude un occhio Michele entra in autostrada e pedala che neanche l’Indurain dei tempi d’oro. Dopo un paio d’ore è arrivato a Caserta e fa la prima sosta colazione a Teano est.All’autogrill successivo deve fare un’altra sosta tecnica perché caffè e sigaretta hanno avuto il loro effetto. La cosa più scomoda è far entrare la bici nel cesso dell’autogrill ma dopo le prime due rubate non c’è altra soluzione, anche perché la catena pesa e appesantisce. Ne approfitta per comprarsi una rustichella da mangiare e con i prezzi dell’autogrill s’è già bruciato mezzo guadagno, ma Michele non è un tipo venale, non è attaccato ai soldi: lui lo fa per spirito di sacrificio, per fare la gavetta. Dice che la gavetta serve sempre. Superata la bretella deve fare un’altra sosta tecnica a Fiano Romano perché ha bucato. Pit stop di 12.6 secondi netti. Dalle parti di Arezzo consuma la rustichella che ha scaldato mettendola sul sellino: la temperatura è perfetta, il sapore migliorabile.  Dopo circa dieci ore avverte i primi sintomi di stanchezza. Il problema principale è la sete: all’inizio Michele beveva tantissimo, faceva più o meno 30 km con un litro, ma calcolando che in autogrill l’acqua costa più della benzina alla fine gli conveniva andare in macchina. Poi ha provato il metodo cammello, bere tantissimo prima di partire, ma doveva fermarsi ogni dieci minuti a pisciare. Poi è stata la volta della tanica da cinquanta litri, ma riusciva a pedalare decentemente solo da metà percorso in poi. Poi ha smesso di bere. Ora parte con due bottiglie da due litri che raziona durante il percorso e puntualmente finiscono lì, alla variante di valico, dove a Michele appare la Madonna di Sasso Marconi vestita da camionista che lo incita per i dieci chilometri della galleria. A Casalecchio di Reno fa l’ultima sosta, dove gli appare di nuovo la Madonna dell’autogrill fuori dalla chiesetta e cerca di vendergli una videocamera del ’98; capisce che è un’allucinazione perché alla terza bestemmia continua a dirgli che è un affare.Poi la tragedia: spacca una ruota. Secondo Michele è una chiara vendetta della Madonna per il mancato acquisto ma non può arrendersi adesso: si fa il resto del percorso pinnando su una ruota sola e alle sette e quarantatré, con soli tredici minuti di ritardo sulla tabella di marcia, è a Milano. Si ferma al negozio di specialità campane all’angolo e prende la zizzona: essa zizzona infatti fa un viaggio a parte, in tir refrigerato, perché altrimenti sarebbe arrivata più sfranta de lui. La prima volta gli è costata diciotto intossicazioni alimentari e corsa non pagata. Michele arriva in piazza San Babila, suona il campanello e poi sale al quarto piano per consegnare la preziosa zizzona originale di Battipaglia al signor Fumagalli giusto in tempo per l’ora di cena. Di Fumagalli. Lui niente, che manco la mancia gli ha lasciato.

L’INIZIO (A.K.A. #SDS100)

Non lo so come è cominciato. Certo oggi, dopo che tutto è finito, a voi sembra quasi impossibile che sia potuto accadere, e che sia accaduto nella quasi indifferenza generale, se non addirittura con il supporto sguaiato di parte dell’opinione pubblica. Eppure è accaduto e voi mi avete chiamato oggi in questa scuola come testimone, perché qualcuno ha pensato di darmi questa medaglia che vedete qui appesa sul petto e allora mi avete chiamato a raccontare di quel periodo, e io ho quindi il dovere di provare a darvi una risposta, come testimone e come presidente della Fondazione Sani. Potrei dire che erano altri tempi, che non eravamo così preparati come lo siamo oggi, ma sarebbe una bugia. E la bugia non sarebbe che eravamo impreparati ieri, ma che crediamo di essere preparati oggi. Anche allora credevamo di essere preparatissimi, avevamo studiato la storia, ci sentivamo immuni da qualsiasi deriva; non lo eravamo e, credetemi, non lo siete neanche voi. Credo che noi siamo abituati a pensare a queste situazioni come improvvise, come delle discontinuità nette in cui è possibile individuare chiaramente un prima e un dopo, come un bicchiere che cade a terra e si rompe. Io penso che molti anche all’epoca si aspettassero qualcosa del genere: un ritorno del passato in forma di fotocopia, una scritta al neon luminosa di avvertimento con scritto bello grosso, Ehi, sta succedendo adesso! O una musica di sottofondo come negli horror che lo capisci subito che sta per succedere qualcosa, quanto sarebbe comoda una colonna sonora di avvertimento pure nella vita reale? E invece no, e mentre attendevamo questi eventi catastrofici che indicassero chiaramente e senza ombra di dubbio il minaccioso ripetersi del passato, faticammo ad accorgerci dei nuovi modi con cui questo passato aveva deciso di aggredire il presente. Non ci fu nessun bicchiere rotto, nessuno schianto, nessuna scritta luminosa, ma qualcosa più simile alla marea: che sale lentamente, che dovresti star lì a fissarla per delle ore per accorgertene, ché se la guardi per un momento e basta ti sembra che non stia accadendo niente. E poi noi la marea la conosciamo, lo sappiamo che dopo sei ore torna indietro. Questa invece era una lunga marea nera che continuava a salire lenta ma inesorabile, e molti si illudevano che pure sarebbe tornata indietro da sola, proprio come fa la marea, e si resero conto d’essersi sbagliati solo quando l’acqua gli arrivò alla porta di casa. Non ci fu nessun diluvio, nessun colpo di mano improvviso, nessuna marcia imperiosa sul Parlamento, nessuna tragedia epifanica che ne segnasse incontrovertibilmente l’inizio, ma piuttosto un lento e progressivo degradarsi dei processi democratici di cui troppi s’allarmarono soltanto quando ormai era tardi. Come un paio di scarpe di vecchie, che hai indossato per anni e poi un giorno le guardi e ti accorgi del loro stato: sformate, la suola ormai consumata quasi del tutto, la pelle piena di graffi che non scompariranno nonostante il lucido, il grasso e i prodotti miracolosi che ti vendono con la promessa che tornerà come nuova e ti chiedi come hai fatto a non accorgerti che si fossero ridotte così; quasi te ne vergogni, ad essere andato in giro in quello stato, eri convinto che fossero indistruttibili e quelle si consumavano a poco a poco fino a spaccartisi sotto ai piedi. Non che i segni non ci fossero stati, come lunghi graffi sulla superficie della quotidianità. Eppure, così come oggi a posteriori la lettura appare limpida e cristallina, quel rispetto formale dei processi democratici lasciò molti nell’illusione che non stesse accadendo nulla di sostanziale, che tutto fosse indistruttibile; molti altri, pur capendo perfettamente la situazione, finsero di non vedere per interesse personale o di parte; pochi altri, che provarono a mettere in guardia su quello che stava accadendo, furono etichettati come catastrofisti e veniva loro contestata la contraddizione di poter gridare all’involuzione dei processi democratici senza nessuna conseguenza. Io ero fra questi; No, non fra quelli che lanciavano allarmi nel vuoto, fra gli altri. Abituati a considerare il diritto alla libertà di parola come indicatore incontrovertibile della salute democratica delle istituzioni, quasi nessuno pensò che per essere veramente tale doveva esserci anche un qualche tipo di diritto a essere ascoltati. Questo fu forse la più grossa novità rispetto al passato. Se ogni regime aveva sempre operato affinché le voci scomode fossero rimosse, qui ognuno poteva liberamente dire la propria opinione; anzi eri incitato e solleticato a farlo ogni giorno, ogni ora, su ogni tema, sempre di più: dimmi che ne pensi di questo, ti sei già indignato per quest’altro?, urla da questa parte, il tuo parere è fon-da-men-ta-le, come quello di tutti gli altri, e così la tua voce si sovrappone alle altre a formare un indistinguibile brusio di fondo che rende pressoché incomprensibile qualunque discorso. Altro che musica horror, un lungo borbottio confuso di indignazioni temporanee che confondeva tutto. L’unico accorgimento necessario era quello di tenere le voci che interessavano ad un volume leggermente superiore, di modo che fossero le uniche intellegibili. Non c’era nessun bisogno di censura, se non nei rari in cui, per qualche accidente della sorte, una qualche voce dissidente riusciva ad ergersi al di sopra dell’indistinto gargarismo dell’opinione pubblica. Allora si interveniva e in quei casi lo si faceva anche in maniera feroce: ma furono per lo più casi isolati, stigmatizzati dai più ma mai riconosciuti come sintomi di un problema generale. Tutti casi isolati. Anche gli eccessi, erano sempre casi isolati. Il grosso del lavoro era lasciato alla denigrazione pubblica, alla delegittimazione, all’attacco personale che qualcuno era sempre pronto a raccogliere e rilanciare per interesse (personale o di parte), alla lista apparentemente innocua degli oltraggiabili, arrivando perfino a gioire per la degradazione occasionale del nemico di turno. E come recitava quella famosa poesia che forse avete avuto modo di studiare nei mesi precedenti, quando arrivò il loro turno s’accorsero che molti pochi erano rimasti di quelli disposti a difenderli e tanti invece erano i nemici che applicarono a loro gli stessi metodi che … Leggi tutto