SDS#143 – REATO DI REATO

Ehi Rosa, ma come cazzo te permetti de non alzatte pe lascià er posto sull’autobus a un bianco? Ma che non le conosci le regole? Che non lo sai che er posto tuo è in fondo? Ehi Nelson, ma che te sei messo in testa co’ sto partito terorista? Ma la volete smette de fa attentati contro i bianchi? Ma che te pensi che sarà così che finisce l’apartheid? Tu veramente pensi che poi vince contro noi democrazia? Tu che manco rispetti la legge? Aho, a brutti fiji daa libertà, posate subbito quelle casse de thè! Oh, mica è robba vostra! Quella è proprietà privata! Er boicottaggio lo fai co’ la robba tua, quelle so 90mila sterline de merce mia! Pure da indiani ve sete vestiti, pe’ fa’ sta pajacciata! Ehi Muhammad, che è mo sta storia che non te voi arruolà pe annà in guera? Guarda che la leva è obbligatoria, le regole vanno rispettate, sennò te levamo er titolo mondiale e già che ce stamo te mannano pure in galera! Poi sto Muhammad che nome der cazzo, su. A Sandro, famo a capisse: tu non è che prima cerchi de ammazzà er capo dello Stato e poi dopo che t’arestamo te rifiuti de fatte processà. Non è che te metti a fa er partigiano e poi quanno te beccamo te permetti pure d’evade dar carcere!  So’ le regole queste! A coso, Mohāndās o come cazzo te chiamano mo, Mahatma, bella pensata sta marcia der sale: guarda che le tasse se pagano! Che è sta roba che piate e v’annate a rubbà er sale? Ma che ve credete che è vostro? Guarda che hai combinato, ce tocca arestà 60mila persone pe’ corpa tua! A Gaetà, ma che te credevi de fa? Te credevi che sparavi ar Re e noi te facevamo un monumento? Aho, ma andò cazzo te pensavi de vive, in Francia? Mo ringrazia che la pena de morte l’avemo abolità na decina d’anni fa, ma damme retta, mejo che dormi co ‘n occhio solo. Fermi tutti, aho, mo che è sta storia? Mo da quanno in qua er popolo se sveja la mattina e decide così, de punto in bianco, che se ribella e addirittura se je gira me pò tajà la capoccia a me che so’ Re? Ma tornate ar posto vostro e rispettate la volontà de D— Mo non è che chi fa na battaja non se possa criticà, le lotte non so tutte uguali, ma dije che non sta a rispettà le regole me pare veramente l’argomento più stupido possibile: pensa quello che te pare ma che non stava a rispettà le regole t’assicuro che l’avevano capito tutti. Che poi è vero, senza regole ce sarebbe l’anarchia (la grande teiera volante ce ne scampi e liberi), er crollo della civiltà eccetera, ma è vero pure che le regole, allo stesso tempo, so’ pensate co’ un altro scopo: mantené er mondo esattamente com’è.

SDS#139 – DISSENTERIA

Si avvisa la cittadinanza che è in corso nel nostro Paese una preoccupante epidemia di dissenteria acuta. Si chiede per tanto a tutti di prestare particolare attenzione! La dissenteria si manifesta attraverso i seguenti sintomi: evacuazioni forzate, presenza di sangue sulla faccia, ecchimosi, contusioni, fratture, incontri ravvicinati con corpi contundenti e in alcuni casi (per fortuna non ancora riscontrati in questa nuova ondata) perfino la morte. L’eziologia di tale disturbo del sistema democratico non è ancora chiara: si esclude il contagio per via sessuale e anche la diffusione attraverso alimenti o bevande contaminate. Anzi pare che più ve abituate a magnà la merda ve propinano tutti i giorni e meno rischiate de ammalavve.Sembra invece strettamente connessa all’esposizione a fattori esterni e al contatto con altre persone infette, anche senza l’intermediazione di droplets o areosol vari: a volte basta semplicemente ascoltare questi soggetti per iniziare a manifestare gli stessi sintomi.La malattia sembra anche avere una forte correlazione con i cambiamenti climatici. Secondo alcuni studi infatti i soggetti più sensibili agli effetti del riscaldamento globale hanno una maggiore probabilità di sviluppare una o più forme di questa patologia.  Il disturbo è segnalato da sintomi premonitori a cui è bene prestare attenzione: potreste iniziare ad avvertire un leggero malessere dopo il massacro di decine di migliaia di civili o avere una forte reazione allergica alle parole “l’aborto è un delitto”. Questi malesseri iniziali, senza un intervento tempestivo, possono evolvere anche molto rapidamente in dissenteria acuta, che spinge il soggetto ad allontanarsi dalla propria abitazione per ritrovarsi in luoghi affollati, che costituiscono i principali focolai di contagio.   Ultimamente l’epidemia si sta diffondendo soprattutto nei soggetti di giovane età: è probabile che con il passare degli anni l’organismo sviluppi degli anticorpi specifici. O forse solo che uno se abitua, che poi alla fine se fa l’abitudine a tutto. La predisposizione naturale resta comunque la spiegazione più plausibile per l’immunità: nei soggetti immuni sono stati infatti riscontrati alti tassi della proteina STCZZ o della sua mutazione STGRNDSSMCZZ. Per la variante attuale pare essere molto utile l’enzima N0N3G3NC1D10. Dopo la fase acuta, soprattutto se questa è accompagnata da sanguinamenti e perdita dei sensi, la malattia può cronicizzarsi oppure entrare in una fase di regressione o latenza. In generale i soggetti colpiti tendono a frequenti ricadute, a volte anche dalle scale o dalle finestre. Non si conosce ancora una cura definitiva che sia efficace su tutti i soggetti. Il vecchio rimedio dei nonni è l’olio di ricino (soprattutto se i nonni erano pelati vestiti di scuro), ma pare avere un’efficacia per lo più aneddotica e non confermata da studi rigorosi. La strategia migliore (a parte quella della tensione) consiste nel limitare le possibilità di contagio riducendo al minimo il contatto con il mondo esterno: uscite poco di casa, limitate l’uso della tv ai soli programmi inclusi nel disciplinare allegato e diffidate dai social. Soprattutto, non fatevi prendere dal panico: con uno stile di vita moderato e alcuni semplici precauzioni è possibile ridurre al minimo il rischio di contagio. Nella maggior parte dei casi è infatti sufficiente chiudere gli occhi e voltarsi dall’altra parte.  

SDS#137 – È LA STAMPA BELL—

Caro direttore,  sta settimana è uscito er report aggiornato sulla libertà de stampa e noi giù de 5 posizioni. È peggiorato pure er punteggio assoluto e io proprio non me lo spiego: adesso siamo diventati l’unica macchietta arancione in tutta l’Europa occidentale, prima de noi ce so’ Tonga, Fiji e Armenia. Ma te rendi conto direttore, c’hanno paragonato all’Armenia? Ce trattano come gli africani, vabbè l’armeni non so’ africani ma se semo capiti, direttò. Non capisco, io me metto là e ve leggo tutte le mattine e me pare che va tutto bene, anzi moooolto mejo der passato: prima era tutto un profluvio d’aresti, avvisi de garanzia, intercettazioni che te facevano accapponà la pelle, mo invece me pare tutto tranquillo. Vero ce sta ‘sta guera che parte dall’Ucraina e arriva fino a Gerusalemme, passando dai pacifisti attraverso l’ONU e il governo iraniano arriva a un prete in periferia che ripete gli slogan der Vaticano, ma tutto sommato stamo a vince quindi non me sembra un gran problema.  Capisco che un piccolo problema de informazione c’è: ‘sti universitari infojati se so’ impossessati delle radio, dei telegiornali, controllano i giornali e le tv, ma quando hanno preteso de decide perfino chi doveva parlà in facoltà me pare che l’avemo rimessi ar posto loro. Pure sta dittatura comunista che ha governato er paese pe settant’anni è finita, adesso ci abbiamo questo governo di sinistra moderata della Meloni che me sembra molto meno ideologico de quelli der passato; certo abbiamo ancora il 25 aprile e il primo maggio eccetera ma vabbè.  Sì è ver… aspettate che chiudo la finestra che qua fuori c’è un casino! Casino… so’ quattri ragazzetti che urlano non se capisce manco che dicono: stop ar genotipo, ar genoano, forse è stop ar geroglifico, vabbè ho chiuso così non ce disturbano. Dicevamo, si è vero, ci abbiamo avuto pure er problema de questi propagandisti dell’odio ma me pare che fra arresti, cancellazioni de conferenze e divieti de ingresso nell’area Schengen se semo difesi alla grande dalla disinformazione. Avemo fatto arestà pure quell’antri de ultima generazion— aspè, forse quelli fòri dalla finestra urlavano “stop generazione!”, spè che controllo… No, non se capisce ma non è ultima generazione, però ce so’ delle bandiere poiù o meno che c’hanno li stessi colori nostri. Boh! Insomma direttore, io proprio non me lo spiego questo declassamento: non sarà che i poteri forti che odiano l’occidente si sono impossessati pure delle classifiche sulla libertà de stampa? La prego, mi illumini perché io veramente non capisco.

SDS#136 – COMMA ’24

Piccolo decalogo di nuove regole per sopravvivere nel mondo contemporaneo dove la logica elementare di un qualunque discorso è diventata un optional. È legittimo dire che con la Russia si deve trattare, ma chiunque lo dirà verrà considerato filoputin e traditore dell’Occidente. È legittimo criticare Israele, ma se lo fai sei antisemita. Lo stesso principio si applica a Parenzo, Molinari, eccetera. Se pensi che Marx e Hitler non siano paragonabili sei come Hitler. Se non equipari fascismo e comunismo sei revisionista. L’unico modo di non essere revisionisti è il revisionismo della storia per farlo coincidere con la nostra attualità strategica. Esempi: Erdogan è autocrate feroce e alleato strategico nella santa alleanza contro le feroci autocrazie.Lettori di Kant con le svasticheBandera partigiano  L’Occidente si può criticare, ma se lo critichi sei amico dell’Iran. Il modo giusto per criticare l’Occidente è parlare prima male dell’Iran, della Russia, della Cina e dei nemici dell’Occidente, fermandosi al prima. Si può essere pacifisti, ma se chiedi la pace non sei pacifista. Noi siamo favorevoli alla pace nel mondo. Chiunque non sia nostro alleato è inferiore e molto somigliante a Hitler. L’unico modo autentico di essere antifascista è criticare gli antifascisti. Si può protestare contro il Potere e contestarlo, ma se la protesta avrà successo verrà considerata come attentato eversivo alla democrazia. Le uniche manifestazioni democratiche sono quelle che non intaccano in nessun modo la situazione reale. Una manifestazione, per essere realmente democratica, deve essere inutile. Puoi criticare i ricchi, ma se lo fai hai l’invida sociale. La nostra idea di meritocrazia è che se hai successo è perché te lo sei meritato. È il successo che sancisce il merito, non il contrario. Le scuole devono essere meritocratiche. Per essere davvero meritocratiche dovrebbero escludere disabili, migranti e altri categorie svantaggiate. Una scuola che aiuta i deboli ostacola la reale meritocrazia, in cui le risorse personali dei singoli fanno la differenza. La democrazia è l’unico valore fondante dell’Occidente, non possiamo permettervi di svilirlo votando. Ma, non potendo impedirvi di votare, renderemo inutile il vostro voto.

SDS#135 – ER DAVIF

Pure sta settimana è scattato puntuale er Davif. Er Davif è un meccanismo messo a punto da sto governo che scatta nei momenti de difficoltà. Davif è un acronimo che sta pe: Dispositivo Automatico de VIttimmismo Fascista.  Non lo possiamo considerà proprio un’invenzione, è più na capacità innata dell’attuale classe dirigente; in un certo senso, non lo fanno manco apposta come dice er nome è proprio un meccanismo de autoconservazione che je scatta in automatico. Tutto er processo che prevede l’attivarazione der Davif consiste de tre fasi. Nella fase uno, er politico, l’aspirante gerarchetto o er sottopanza de turno fa la cazzata nostargica: braccio anchilosito, citazionismo ducesco, censura, intimidazioni, po’ esse quello che te pare.Nella fase due quarcuno se ne accorge, lo fa notà e prevedibilmente scoppia la polemica. Nella fase due de solito la classe dirigente s’accorge che quella che je sembrava na genialata o ar più goliardata ar gusto de cinghiamattanza in realtà è quello che è: na roba indegna de un paese civile. Poi c’è la fase tre e se attiva er vero e proprio meccanismo automatico: iniziano a piagne (a volte c’è na fase due e mezzo in cui provano a buttalla in caciara ma de solito dura un quarto d’ora e non funziona mai; a quer punto arriva er senso de pericolo e scatta er davif). Perché io ma veramente vi credete che io? Io da piccola mi discriminavano, io una con la mia storia perché provateci voi in un paese come il nostro ad averci la mia storia fasc… No, aspè è venuta male questa la rifacciamo. No dico io provateci voi una storia controcorrente in un paese dominato dalla dittatura intellettuale e politica della sinistra, ce l’avete presente crescere negli anni settanta? Eh, manco io, io so’ cresciuta ner pieno dell’epopea berlusconiana, aspè… A Ignà, ma allora perché ce discriminavano? Perché semo fasc… No! No! No, è un complotto, questi se fanno censurà per poi accusacce de esse censurati. Eccerto, e pensi che non noi te censuramo solo perché voi fa un monologo in tv? Ah ah ah (risata nervosa). Ecco, guardate qua che scrive sto pezzodemmerda, ma che censura, ecco, leggeteve er testo, ecco, vedete quanto so’ democratica. In televisione no, ve lo leggo addirittura io sulla pagina facebook mia, io che mi discriminavano da piccola, no questo l’ho già detto. Un po’ tipo er violento de turno che se lamenta che lui porello non voleva fa’ niente, è che è proprio stato costretto ad ammazzà de botte la moje. Lui è un pezzo de pane, è gentile, è quella stronza che fa de tutto pe fasse menà. A quei violenti là però de solito non ce sta attorno mezza stampa italiana a faje la ola (oddio certi ce provano pure co’ loro) e quarche rara vorta capita pure che se levano dar cazzo da soli co’ un colpo de pistola. Questi non ce pensano proprio.

SDS#125 – SONO SOLO CANZONETTE

Magari eravate distratti la notizia v’è sfuggita, ma sta settimana c’è stato er festival de Sanremo. Mo io lo guardo da sempre, so’ un po’ bimbo de Sanremo, quindi lo posso di’: quest’anno è mancato il trash.  Partimo da na premessa: na singola puntata der festival dura 5 ore e venti, più de tutta ‘na stagione de True Detective. Roba che manco Sergio Leone in c’era una volta in America, manco Nekrosius, pure l’Hamlet de Kenneth Branagh durava de meno. A confronto co’ tutta la settimana le Mahabharata de Peter Brook sembrano no spot dell’Esselunga, pure l’anello der Nibelungo de Wagner dura de meno. Mo se non sei Nekrosius, Brook o Wagner, l’unica possibilità che c’hai de uscì vivo da una robba der genere è ride. Ma siccome ormai pure la comicità è diventata pericolosa, te rimane giusto er trash. Pe carità c’era, ma niente in confronto alle cattive intenzioni, la maleducazione, i tableaux vivants, Grignani e Arisa, la Ferragni afflitta dar bacio a Fedez, er monologo de Diletta Leotta sulla bellezza, i vestiti luna park de Orietta Berti. Pure gli outfit insomma. Ecco, una cosa sugli outfit va detta: l’oversize ha rotto il cazzo! Quasi tutti de nero, cioè sembravano appena tornati da un funerale dei Casamonica, giusto ‘na sosta dar carozziere a controllà le cromature, non se fa così noi che cazzo commentamo? Poi succede che la gente se butta su due frasette de due cantanti durate due secondi su uno show che complessivamente dura venticinque ore. Cioè succedeva tutti l’anni, poi entrava quello quello vestito da lampadario e se passava oltre. Perché ciavete tolto er trash? Se volete er popolo anestetizzato dalle cazzate, che è un po’ lo scopo reale der Festival, fatelo ride. Ma ride scemo, sennò finisce come co’ Teresa Mannino che dice che semo ‘na colonia americana come battuta e il centro uncinato moderato lo scambia pe’ un manifesto politico. Ma quale colonia? Te pare che in una colonia l’a.d. della tv pubblica de Stato fa un comunicato per dissociasse da un cantante perché l’ambasciatore de un paese straniero s’è stranito? Ma quale colonia, qua se ce assumono come camerieri è già tanto! Non era l’outfit de un funerale quello de Sanremo, era l’outfit de un catering (sempre stile casamonica, ma catering).  Te pare normale un paese dove l’unica cosa pacata e sensata sui migranti in tv nell’urtimi mesi l’ha detta un cantante coll’orsacchiotti attaccati sulla giacca? Un paese dove parole pacate come quelle de @dargendamico e @GhaliFoh creano scandalo c’ha un problema: la locura, la pazzia, la cerveza, la tradizione, o merda, come la chiamamo de solito, ma co’ na bella spruzzata di pazzia non regge più. Er peggio conservatorismo che però si tinge de simpatia, de colore, de paillettes comincia a fa’ fatica. Fa fatica perché fuori c’è la morte e le canzonette non bastano più. Ma c’è sempre l’opzione alternativa, quella in cui state zitti e buoni. 

L’INIZIO (A.K.A. #SDS100)

Non lo so come è cominciato. Certo oggi, dopo che tutto è finito, a voi sembra quasi impossibile che sia potuto accadere, e che sia accaduto nella quasi indifferenza generale, se non addirittura con il supporto sguaiato di parte dell’opinione pubblica. Eppure è accaduto e voi mi avete chiamato oggi in questa scuola come testimone, perché qualcuno ha pensato di darmi questa medaglia che vedete qui appesa sul petto e allora mi avete chiamato a raccontare di quel periodo, e io ho quindi il dovere di provare a darvi una risposta, come testimone e come presidente della Fondazione Sani. Potrei dire che erano altri tempi, che non eravamo così preparati come lo siamo oggi, ma sarebbe una bugia. E la bugia non sarebbe che eravamo impreparati ieri, ma che crediamo di essere preparati oggi. Anche allora credevamo di essere preparatissimi, avevamo studiato la storia, ci sentivamo immuni da qualsiasi deriva; non lo eravamo e, credetemi, non lo siete neanche voi. Credo che noi siamo abituati a pensare a queste situazioni come improvvise, come delle discontinuità nette in cui è possibile individuare chiaramente un prima e un dopo, come un bicchiere che cade a terra e si rompe. Io penso che molti anche all’epoca si aspettassero qualcosa del genere: un ritorno del passato in forma di fotocopia, una scritta al neon luminosa di avvertimento con scritto bello grosso, Ehi, sta succedendo adesso! O una musica di sottofondo come negli horror che lo capisci subito che sta per succedere qualcosa, quanto sarebbe comoda una colonna sonora di avvertimento pure nella vita reale? E invece no, e mentre attendevamo questi eventi catastrofici che indicassero chiaramente e senza ombra di dubbio il minaccioso ripetersi del passato, faticammo ad accorgerci dei nuovi modi con cui questo passato aveva deciso di aggredire il presente. Non ci fu nessun bicchiere rotto, nessuno schianto, nessuna scritta luminosa, ma qualcosa più simile alla marea: che sale lentamente, che dovresti star lì a fissarla per delle ore per accorgertene, ché se la guardi per un momento e basta ti sembra che non stia accadendo niente. E poi noi la marea la conosciamo, lo sappiamo che dopo sei ore torna indietro. Questa invece era una lunga marea nera che continuava a salire lenta ma inesorabile, e molti si illudevano che pure sarebbe tornata indietro da sola, proprio come fa la marea, e si resero conto d’essersi sbagliati solo quando l’acqua gli arrivò alla porta di casa. Non ci fu nessun diluvio, nessun colpo di mano improvviso, nessuna marcia imperiosa sul Parlamento, nessuna tragedia epifanica che ne segnasse incontrovertibilmente l’inizio, ma piuttosto un lento e progressivo degradarsi dei processi democratici di cui troppi s’allarmarono soltanto quando ormai era tardi. Come un paio di scarpe di vecchie, che hai indossato per anni e poi un giorno le guardi e ti accorgi del loro stato: sformate, la suola ormai consumata quasi del tutto, la pelle piena di graffi che non scompariranno nonostante il lucido, il grasso e i prodotti miracolosi che ti vendono con la promessa che tornerà come nuova e ti chiedi come hai fatto a non accorgerti che si fossero ridotte così; quasi te ne vergogni, ad essere andato in giro in quello stato, eri convinto che fossero indistruttibili e quelle si consumavano a poco a poco fino a spaccartisi sotto ai piedi. Non che i segni non ci fossero stati, come lunghi graffi sulla superficie della quotidianità. Eppure, così come oggi a posteriori la lettura appare limpida e cristallina, quel rispetto formale dei processi democratici lasciò molti nell’illusione che non stesse accadendo nulla di sostanziale, che tutto fosse indistruttibile; molti altri, pur capendo perfettamente la situazione, finsero di non vedere per interesse personale o di parte; pochi altri, che provarono a mettere in guardia su quello che stava accadendo, furono etichettati come catastrofisti e veniva loro contestata la contraddizione di poter gridare all’involuzione dei processi democratici senza nessuna conseguenza. Io ero fra questi; No, non fra quelli che lanciavano allarmi nel vuoto, fra gli altri. Abituati a considerare il diritto alla libertà di parola come indicatore incontrovertibile della salute democratica delle istituzioni, quasi nessuno pensò che per essere veramente tale doveva esserci anche un qualche tipo di diritto a essere ascoltati. Questo fu forse la più grossa novità rispetto al passato. Se ogni regime aveva sempre operato affinché le voci scomode fossero rimosse, qui ognuno poteva liberamente dire la propria opinione; anzi eri incitato e solleticato a farlo ogni giorno, ogni ora, su ogni tema, sempre di più: dimmi che ne pensi di questo, ti sei già indignato per quest’altro?, urla da questa parte, il tuo parere è fon-da-men-ta-le, come quello di tutti gli altri, e così la tua voce si sovrappone alle altre a formare un indistinguibile brusio di fondo che rende pressoché incomprensibile qualunque discorso. Altro che musica horror, un lungo borbottio confuso di indignazioni temporanee che confondeva tutto. L’unico accorgimento necessario era quello di tenere le voci che interessavano ad un volume leggermente superiore, di modo che fossero le uniche intellegibili. Non c’era nessun bisogno di censura, se non nei rari in cui, per qualche accidente della sorte, una qualche voce dissidente riusciva ad ergersi al di sopra dell’indistinto gargarismo dell’opinione pubblica. Allora si interveniva e in quei casi lo si faceva anche in maniera feroce: ma furono per lo più casi isolati, stigmatizzati dai più ma mai riconosciuti come sintomi di un problema generale. Tutti casi isolati. Anche gli eccessi, erano sempre casi isolati. Il grosso del lavoro era lasciato alla denigrazione pubblica, alla delegittimazione, all’attacco personale che qualcuno era sempre pronto a raccogliere e rilanciare per interesse (personale o di parte), alla lista apparentemente innocua degli oltraggiabili, arrivando perfino a gioire per la degradazione occasionale del nemico di turno. E come recitava quella famosa poesia che forse avete avuto modo di studiare nei mesi precedenti, quando arrivò il loro turno s’accorsero che molti pochi erano rimasti di quelli disposti a difenderli e tanti invece erano i nemici che applicarono a loro gli stessi metodi che … Leggi tutto