SDS#160 – LIBANSRAUM

È ora di basta con questi intellettuali sinistri radical chic spocchiosi e saccenti! Noi non stamo qua pe rifà le stesse cose della sinistra: noi Gramsci l’avemo letto e cappottato. Basta coll’intellettuale organico, è per questo che c’hanno sempre la puzza sotto ar naso, perché l’organico puzza. Noi siamo l’intellettuale inorganico, riciclabile all’infinito (sapessi quante volte già se semo riciclati). Quello che un tempo era rifiuto della società grazie a noi rientra nel ciclo produttivo della Nazione come materiale da costruzione inerte.

SDS#154 – UNA CIVILE DISSACRAZIONE

l’Occidente, si sa, ha una vera ossessione per la civiltà. E per questo motivo nutre profonda ammirazione per Israele, senz’ombra di dubbio il paese più civile del Medio Oriente. Israele è talmente civile che anche tutti i suoi abitanti sono, non c’è neanche bisogno di dirlo, civili. Gli israeliani sono così civili che sono civili sempre, in ogni occasione, tant’è che anche dopo più dieci mesi molti parlano ancora di oltre mille civili uccisi. Per alcuni Israele è talmente civile che perfino le soldatesse sono ragazze civili. L’israeliano è sempre civile, anche nelle difficoltà più atroci. Nella cattività l’israeliano è sempre e immancabilmente ostaggio e giammai prigioniero di guerra.Capirete quindi il profondo sconforto dell’Occidente quando angosciato guarda Israele confrontarsi con un popolo che, al contrario, non è civile mai. Il palestinese non è mai civile, non c’è nessuna possibilità che possa essere tale. Il palestinese è quasi sempre terrorista, spesso con la qualifica di comandante, capo, dirigente e giù lungo tutta la catena di comando: c’è il complice di terrorista, il fiancheggiatore di terrorista, il parente di terrorista, il coinquilino di terrorista, quello che una volta ha mangiato un kebab insieme a un terrorista, quello che ha comprato una macchina usata da un terrorista, quello che era in fila alle poste dietro al terrorista e a un certo punto il terrorista si è girato e gli ha sorriso; il giornalista terrorista, il medico, l’infermiere, l’umanitario, il simpatizzante di terrorista, l’incensatore facebook di terrorista, l’elettore di terrorista, fino al gradino più basso: il non abbastanza distante dal terrorista, il non si è ribellato al terrorista. Quando è escluso da questi ruoli per conformazione fisica, età o genere, il palestinese ne diventa l’immancabile complementare: lo scudo umano. Il popolo palestinese in questi anni ha fornito una varia e vasta produzione di scudi umani adattabili a qualsiasi contesto: c’è lo scudo umano classico, onnipresente in ogni carneficina; c’è lo scudo umano bambino: per terroristi di bassa statura, più leggero e facile da trasportare. C’è lo scudo umano da mercato per i bombardamenti all’aperto, da ospedale, da università, da tunnel, da campo profughi.C’è addirittura lo scudo umano preventivo, così sofisticato da riuscire a prevedere le previsioni del nemico e farsi trovare a disposizione in luoghi di cui teoricamente non dovrebbe nemmeno essere a conoscenza non solo lui, ma neanche il suo utilizzatore finale. E così l’Occidente, rassicurato da questo catalogo lessicale minimo che lo mette al riparo da qualsiasi possibilità di dubbio, può tirare un sospiro di sollievo. Anzi può affermare con orgoglio e senza tema di smentita di essere sempre e inequivocabilmente dalla parte dei civili.

DUE CONSIDERAZIONI SULLA SCALA HITLER

Questo è un raro caso (oddio, sull’ex twitter questa rarità è sempre meno “rara”) di risposta idiota a un tweet idiota. Andiamo con ordine. Se i sionisti sono peggiori dei nazisti allora i nazisti, in quanto migliori di quest’ultimi, hanno combattuto contro gente ancora più cattiva https://t.co/6oKna5olJI — Bruno Montesano (@brun_montesano) August 27, 2024 Partiamo dalla risposta di Bruno: la risposta non ha senso (io a dire la verità ci ho messo pure un po’ a capirla) ed è, per certi aspetti, pericolosa: se da un lato non possiamo mai smettere di denunciare il pericolo che l’opposizione a Israele sfoci in forme più o meno consapevoli di antisemitismo, equiparando l’operato del governo Netanyahu a quello degli ebrei tutti, dall’altro non possiamo far rientrare questo concetto dalla finestra dichiarando che i nazisti hanno combattuto con i sionisti (i nazisti hanno sterminato gli ebrei in quanto ebrei, lasciamo perdere i loro rapporti con i sionisti). Non possiamo pretendere che chi si oppone a Israele mantenga (come è giusto e sacrosanto che sia) la differenza tra governo israeliano, popolo israeliano ed ebrei al di fuori di Israele, se poi siamo noi i primi a riaccomunarli in un unico tutto indistinto quando ci troviamo sulla difensiva. Insomma non è che ci possiamo mettere a fare il gioco delle tre carte (sionisti, ebrei, Netanyahu) a seconda di come ci fa comodo. Perché poi verrà la tentazione a qualcun altro di fare lo stesso e non è detto che quel qualcun altro sia in buona fede come noi.   E ora veniamo al tweet di Karem, che alla fine è il classico hot take che secondo me, in questo caso e in questo modo, rischia di fare più male che bene alla causa. Mi sforzo di leggerlo in senso provocatorio, simbolico, traslato, ma alla fine boh, mi sembra che non serva a niente. Per prima cosa perché mi pare abbastanza inutile fare le classifiche della cattiveria come quando stavamo alle elementari ed era fondamentale dover decidere se fosse più forte la tigre o il leone. Secondo perché mi pare che, chi volesse prendere sul serio quell’affermazione e smentirla, avrebbe gioco facile a dimostrare che il nazismo, per numeri e aspirazioni totalitarie sul mondo, giocasse proprio su un altro campionato. Mi pare lo stesso stupido gioco che ci ha portato in questi ultimi vent’anni a combattere un Hitler ogni sei mesi a seconda dei cambi dell’agenda geopolitica internazionale. Ok, se è una battuta provocatoria la prendiamo come una bushata qualunque e andiamo avanti, altrimenti mi pare un terreno scivoloso. Questo non significa che tra le barbarie del mondo non si possano tracciare paragoni e che non possano essere rilevati punti di contatto e somiglianze tra quello che sta facendo Israele in questi mesi a Gaza e l’esperienza nazista, come ha fatto qualche giorno fa Omer Bartov sul Guardian o come ha fatto Masha Gessen nel saggio in cui paragonava Gaza a un ghetto nazista (per citare due esempi concreti di come quel discorso si possa fare, e abbia anche senso farlo). Poi naturalmente quello che sta succedendo a Gaza avrà, oltre gli innegabili punti di contatto con altri orrori della storia, anche le sue caratteristiche specifiche e peculiari, come la narrazione messianica che da elemento puramente propagandistico di piccole sacche di ultrareligiosi si sta trasformando in un discorso pubblico in grado di condizionare il governo. Perché poi alla fine la natura umana quella è, possiamo sempre riconoscerci sia il fondo comune (e la barbarie e la violenza ne sono parte) sia l’unicità propria di ogni essere umano (e di ogni comunità, e di ogni popolo). È proprio l’idea di una classifica che mi pare risposta infantile, per cui dobbiamo star qui a stabilire se il sionismo sia peggio o meglio del nazismo, per incastrarci in sofismi classificatori che si avvitano in —dal punto di vista numerico, però se guardiamo alla violenza gratuita, ma la componente di fanatismo religioso eccetera. Ha veramente senso costruire questa Scala Hitler della cattiveria umana? Assodato che con Hitler tutti quanti intendiamo (tranne qualche piccolo residuato storico negazionista) il male assoluto, non soltanto in senso concreto ma anche e soprattutto come simbolo del male assoluto, abbiamo dei criteri oggettivi per costruire una scalahitler che permetta un qualche tipo di misurazione sensata? E poi, anche fosse che questa scalahitler oggettiva riusciamo a metterci d’accordo e la costruiamo, che ci facciamo? Qual è il valore hitlerometrico di soglia per intervenire? Cioè se poi viene fuori che il sionismo ha un valore pari a Hitler meno meno, o di 0.8 Hitler, allora va tutto bene? Non è lo stesso discorso, speculare, di quelli che rispondono alle quotidiane denunce dei crimini israeliani tirando in ballo l’Iran? Non sognano anche loro, dopotutto, una scala di malvagità che certifichi che Israele è sotto la soglia di tolleranza? Davvero vogliamo imbarcarci in questo tipo di discussione? POSTILLAGià che ci siamo, a questo punto aggiungo due considerazioni sparse su un fenomeno equivalente e che rischia di produrre una dinamica simile: la polarizzazione intorno al termine genocidio. Non credo che usare il termine genocidio per quello che sta succedendo a Gaza sia arbitrario, mi pare anzi che le testimonianze arrivate in questi dieci mesi ne giustifichino ampiamente l’uso: le numerose dichiarazioni di stampo genocidiario di esponenti del governo israeliano, i comportamenti messi in campo dall’IDF, le denunce fatte dalle associazioni internazionali e le argomentazioni degli studiosi del settore, per finire con l’accettazione da parte di ICJ della fondatezza dell’accusa del Sudafrica, che ha deciso di valutare nel merito (riconoscendo che quanto meno non è un’idea campata per aria ma qualcosa che, se non altro, vale la pena di essere esaminata). Il punto non è se sia lecito o meno usare il termine genocidio per descrivere quello che sta succedendo; il dubbio è se una polarizzazione totalizzante intorno a questo termine sia utile. Il dibattito pubblico che sta sedimentando sotto questa discussione sembra ormai avvitarsi verso una situazione del genere: da un lato la posizione “c’è un genocidio, è un fatto gravissimo su cui dobbiamo intervenire immediatamente” … Leggi tutto

SDS#137 – È LA STAMPA BELL—

Caro direttore,  sta settimana è uscito er report aggiornato sulla libertà de stampa e noi giù de 5 posizioni. È peggiorato pure er punteggio assoluto e io proprio non me lo spiego: adesso siamo diventati l’unica macchietta arancione in tutta l’Europa occidentale, prima de noi ce so’ Tonga, Fiji e Armenia. Ma te rendi conto direttore, c’hanno paragonato all’Armenia? Ce trattano come gli africani, vabbè l’armeni non so’ africani ma se semo capiti, direttò. Non capisco, io me metto là e ve leggo tutte le mattine e me pare che va tutto bene, anzi moooolto mejo der passato: prima era tutto un profluvio d’aresti, avvisi de garanzia, intercettazioni che te facevano accapponà la pelle, mo invece me pare tutto tranquillo. Vero ce sta ‘sta guera che parte dall’Ucraina e arriva fino a Gerusalemme, passando dai pacifisti attraverso l’ONU e il governo iraniano arriva a un prete in periferia che ripete gli slogan der Vaticano, ma tutto sommato stamo a vince quindi non me sembra un gran problema.  Capisco che un piccolo problema de informazione c’è: ‘sti universitari infojati se so’ impossessati delle radio, dei telegiornali, controllano i giornali e le tv, ma quando hanno preteso de decide perfino chi doveva parlà in facoltà me pare che l’avemo rimessi ar posto loro. Pure sta dittatura comunista che ha governato er paese pe settant’anni è finita, adesso ci abbiamo questo governo di sinistra moderata della Meloni che me sembra molto meno ideologico de quelli der passato; certo abbiamo ancora il 25 aprile e il primo maggio eccetera ma vabbè.  Sì è ver… aspettate che chiudo la finestra che qua fuori c’è un casino! Casino… so’ quattri ragazzetti che urlano non se capisce manco che dicono: stop ar genotipo, ar genoano, forse è stop ar geroglifico, vabbè ho chiuso così non ce disturbano. Dicevamo, si è vero, ci abbiamo avuto pure er problema de questi propagandisti dell’odio ma me pare che fra arresti, cancellazioni de conferenze e divieti de ingresso nell’area Schengen se semo difesi alla grande dalla disinformazione. Avemo fatto arestà pure quell’antri de ultima generazion— aspè, forse quelli fòri dalla finestra urlavano “stop generazione!”, spè che controllo… No, non se capisce ma non è ultima generazione, però ce so’ delle bandiere poiù o meno che c’hanno li stessi colori nostri. Boh! Insomma direttore, io proprio non me lo spiego questo declassamento: non sarà che i poteri forti che odiano l’occidente si sono impossessati pure delle classifiche sulla libertà de stampa? La prego, mi illumini perché io veramente non capisco.

SDS#136 – COMMA ’24

Piccolo decalogo di nuove regole per sopravvivere nel mondo contemporaneo dove la logica elementare di un qualunque discorso è diventata un optional. È legittimo dire che con la Russia si deve trattare, ma chiunque lo dirà verrà considerato filoputin e traditore dell’Occidente. È legittimo criticare Israele, ma se lo fai sei antisemita. Lo stesso principio si applica a Parenzo, Molinari, eccetera. Se pensi che Marx e Hitler non siano paragonabili sei come Hitler. Se non equipari fascismo e comunismo sei revisionista. L’unico modo di non essere revisionisti è il revisionismo della storia per farlo coincidere con la nostra attualità strategica. Esempi: Erdogan è autocrate feroce e alleato strategico nella santa alleanza contro le feroci autocrazie.Lettori di Kant con le svasticheBandera partigiano  L’Occidente si può criticare, ma se lo critichi sei amico dell’Iran. Il modo giusto per criticare l’Occidente è parlare prima male dell’Iran, della Russia, della Cina e dei nemici dell’Occidente, fermandosi al prima. Si può essere pacifisti, ma se chiedi la pace non sei pacifista. Noi siamo favorevoli alla pace nel mondo. Chiunque non sia nostro alleato è inferiore e molto somigliante a Hitler. L’unico modo autentico di essere antifascista è criticare gli antifascisti. Si può protestare contro il Potere e contestarlo, ma se la protesta avrà successo verrà considerata come attentato eversivo alla democrazia. Le uniche manifestazioni democratiche sono quelle che non intaccano in nessun modo la situazione reale. Una manifestazione, per essere realmente democratica, deve essere inutile. Puoi criticare i ricchi, ma se lo fai hai l’invida sociale. La nostra idea di meritocrazia è che se hai successo è perché te lo sei meritato. È il successo che sancisce il merito, non il contrario. Le scuole devono essere meritocratiche. Per essere davvero meritocratiche dovrebbero escludere disabili, migranti e altri categorie svantaggiate. Una scuola che aiuta i deboli ostacola la reale meritocrazia, in cui le risorse personali dei singoli fanno la differenza. La democrazia è l’unico valore fondante dell’Occidente, non possiamo permettervi di svilirlo votando. Ma, non potendo impedirvi di votare, renderemo inutile il vostro voto.

SDS#123 – LA SECONDA GUERRA CIVILE AMERICANA

Mentre nella periferia dell’impero famo esercizi de neolingua e bipensiero per convincerci che  L’IGNORANZA È FORZAIL GENOCIDIO È DIFESALE VITTIME SONO I CARNEFICI di là dal mare, in quella terra di sogni e di chimere, va in onda uno show surreale. All’orizzonte le presidenziali, con due dei candidati più improbabili de sempre: i repubblicani, sempre se non lo mettono ar gabbio prima, candidano un vecchio che consijiava ai sudditi de curà er Covid co’ la varechina e ha già provato un corpo de Stato la prima volta, senza manco riuscicce. I democratici invece candidano un antro vecchio che parla coll’amici immaginari e manna le armi all’amici veri accusati de genocidio. Ma, per onestà, lo fa dicendoje ogni due per tre “brutti bricconcelli non se fa!”. Sempre se all’elezioni ciarivano, perché ner frattempo er Texas, secondo i trending topic der momento, ha eretto un muro de filo spinato a difesa dei confini patrii e contro l’invasione dei migranti. A quer punto Biden s’è incazzato e ne ha intimato lo smantellamento (a destra come fosse antani anche per lui). Er governatore ha risposto Provaci! e ha schierato in risposta la Guardia Nazionale contro l’esercito federale che dovrebbe annà a smantellà er muro. Così è intervenuto Trump co ‘n appello all’antri governatori pe’ difende er Texas dar marvagio Bidenstag. Ora in un paese normale i governatori l’avrebbero preso a cactus nelle gengive, invece pare che circa la metà l’hanno considerata un’idea intelligente e se so’ detti pronti a invià le rispettive guardie nazionali a difesa dei cowboys patriottici texani. Mo, visto che è coinvolto l’intero circo, la probabilità che finisca tutto in una pajacciata è altissima ma non levissima. Ormai io me aspetto quarsiasi cosa: i nazisti dell’Illinois che marciano sull’Arkansas alla vorta de Dallas. Chuck Norris riveste i panni der Walker Texas Ranger e distrugge a pugni i carriarmati federali, l’amico invisibile de Biden scavarca le linee nemiche e inizià a tajà la recinzione de filo spinato co’ un paio de forbicette per le unghie, fino a quando non se trova davanti na falange de suore antiabortiste addestrate a Gilead, e che quindi tifano Texas. Er Ku-Klux-Klan invece è un po’ indeciso, alla fine je stanno simpatici tutti e due li schieramenti, quindi fanno un po’ de qua e un po’ dellà. Disney è schierata Biden e sgancia due tonnellate de barbie-missili che seminano er gender tra le truppe confederate sarvate in extremis dall’arrivo dei maschi trattori degli agricoltori der Midwest, ai quali Biden reagisce minacciando l’uso dell’atomica. L’Alabama manna le bombole d’azoto avanzato, che non se sa mai a na certa magari tornano utili. Nei titoli de coda, a scanso de equivoci, appare la scritta  “QUESTA È COMUNQUE L’ALTERNATIVA MIGLIORE.TUTTE L’ALTRE L’AVEMO BOMBARDATE”

MORIRE DI TERRORE

Oggi vi racconterò una storia. Forse qualcuno di voi la conosce già, molti probabilmente no. È la storia della Grande Marcia del Ritorno. Come tutte le storie che ascolterete in questi giorni, è un pezzo della Storia tutta, e un pezzo da solo non può spiegare 70 anni di conflitto. Questa storia può però aiutare a rispondere a una domanda che molti in questi giorni ripetono ossessivamente: ma perché i palestinesi non scelgono le proteste pacifiche? Questa è la storia di quando i palestinesi scelsero di protestare pacificamente. È il 2018 e l’America di Trump si prepara a riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele, nonostante la capitale riconosciuta a livello internazionale sia Tel Aviv e l’ONU abbia stabilito l’illegalità dell’occupazione di Gerusalemme Est e dei territori limitrofi (è il Tribunale Internazionale dell’Aja che la definisce “nazione occupante”, non io, ma questa è un’altra storia). A questo punto a Gaza la popolazione inizia una protesta, che prenderà il nome di Grande Marcia del Ritorno. Gaza è una striscia di terreno di una quarantina di chilometri, da più di quindici anni completamente isolata dal mondo, sempre a un passo dalla catastrofe umanitaria, circondata da una recinzione militarizzata e dalla quale non è possibile allontanarsi. Dentro questo campo di concentramento, probabilmente il più grande della storia contemporanea, vivono 2 milioni e trecentomila persone. Quasi la metà di questi sono minori, quasi il 70% della popolazione di Gaza ha i genitori che sono arrivati qua dopo essere stati costretti a fuggire dai territori conquistai e occupati da Israele. La manifestazione si chiama “grande marcia del ritorno” proprio per questo: è una protesta pacifica per affermare il diritto dei rifugiati a tornare nei territori che sono stati loro sottratti.Le proteste iniziano il 18 marzo del 2018 e proseguono fino a metà maggio (giorno del trasferimento dell’Ambasciata americana a Gerusalemme) e oltre, tutti i venerdì, una specie di Friday for Future in salsa palestinese in cui si chiede il rispetto del diritto dei profughi e la fine del blocco che sta strangolando Gaza. Sono proteste a cui partecipano circa 35mila persone. Alla fine delle proteste si conteranno più di 250 morti (tra cui una cinquantina di bambini). Tra le vittime ci sono anche tre medici e due giornalisti. I feriti sono così tanti che è difficile anche quantificarli: si va dai diecimila agli oltre trentamila, anche in questi casi migliaia di essi sono bambini sotto i quattordici anni. Tutti palestinesi. Alla fine delle proteste non si registrerà un solo israeliano ucciso o ferito gravemente (un solo soldato con escoriazioni lievi). E credo che questo, almeno in parte, possa contribuire a rispondere alla domanda iniziale. Quando a un manifestante pacifico rispondi con le fucilate, in sostanza stai dicendo a quel manifestante che il modo in cui protesta è irrilevante. In scala più grande lo ritroviamo anche con l’ANP, che in cambio dell’abbandono dei metodi violenti ha ricevuto in cambio esattamente niente, ormai ridotta a fare da polizia amministrativa del regime israeliano in un territorio sempre più frammentato dalla continua espansione a macchia di leopardo dei nuovi insediamenti dei coloni e in cui i palestinesi (e gli arabi in generale) vivono in regime di apartheid. O i numeri stessi dei morti e dei feriti degli ultimi anni che, anche al lordo degli attacchi terroristici, ci dicono come il “diritto alla difesa” di Israele si sia trasformato negli anni in un diritto di rappresaglia, ovvero una cosa che non il diritto non ha nessuna relazione.  Questa è una storia, una storia che non racconta tutta la Storia degli ultimi 70 anni e oltre, come tutte le storie che ascolterete in questi giorni. Una di storia di parte, come tutte le storie che ascolterete in questi giorni. Neanche questa storia è un inizio di qualcosa, come non lo è quello che è accaduto in questi giorni. Ma è una di quelle storie che di solito ci dimentichiamo di raccontare e sulle quali l’Occidente è disposto a chiudere gli occhi (e io non credo che l’Occidente possa muoversi con gli occhi chiusi in un contesto come questo). È un processo di rimozione collettivo che non è casuale, ma che serve appunto a negare la realtà dei fatti, perché solamente in una realtà artificiale si può raggiungere un totale stato di indifferenza da riuscire a considerare normale l’organizzazione di un rave a cinque chilometri da un campo di concentramento (e nonostante questo penso che nessuno meriti di essere trucidato semplicemente perché è talmente anestetizzato da non rendersene conto).   Perché in questi giorni di cose ne sono accadute tante, di legittime e di illegittime e lo sforzo dovrebbe essere quello di distinguerle, di provare a comprenderle rifuggendo la tentazione del richiamo alle guerre sante, alle crociate per la libertà, eccetera. Se quindi siete capitati in cerca di una condanna del terrorismo, la troverete, alla fine di questo ragionamento, non prima, e molto probabilmente non vi piacerà. Perché ci sono alcune cose che dobbiamo tenere presenti, se vogliamo provare a inserire un qualunque ragionamento all’interno della cornice del diritto internazionale (se ancora ci interessa il diritto internazionale) e una di queste è la seguente: che un popolo “ha il diritto inalienabile a lottare per l’indipendenza, l’integrità territoriale, l’unità nazionale e la liberazione dalla dominazione coloniale e straniera e dalla occupazione straniera con tutti i mezzi a disposizione, compresa la lotta armata”. Compresa la lotta armata, come stabilito dall’ONU, non da me. Quindi, se siete venuti qui pensando che il terrorismo e la lotta armata siano la stessa cosa, mi dispiace darvi una brutta notizia: possiamo discutere se la lotta armata sia utile al raggiungimento di determinati obiettivi, se in alcuni contesti esistano alternative praticabili ad essa, e preferibili, ma non della sua legittimità (e al massimo possiamo limitarci ad una discussione teorica sull’argomento perché non me pare il caso di pretendere di imporre a un popolo la modalità con cui deve liberarsi dell’occupante).La seconda cosa che dobbiamo tenere presente, in un contesto di occupazione, che le modalità dello scontro sono decise per lo più dall’occupante … Leggi tutto

SDS#107 – LIBERALLES

L’artro giorno camminavo pe’ strada e incontro ‘sta scena: c’è sto grosso energumeno che sta a menà un regazzino. Mo la reazione mia era de metteme in mezzo pe fermalli. Però ariva st’amico mio intelligente che me ferma. Non se fa così, pia un bastone e lo mette in mano ar regazzino. Mo vedi come se difende. A me me pareva che pure se se difendeva comunque continuava a pià li schiaffi ma l’amico mio me fa: è perché er bastone è troppo piccolo. Così pia un bastone più grosso e je lo passa. Mo vedi tu! Io in realtà non è che vedevo tutta sta differenza. Ma sei sicuro? Certo, tu non capisci perché non sei libberale e vòi decide che deve fa er regazzino. Ma non lo so, è che non me pare che sta a funzionà. Funziona funziona, cioè aspè, è che pure sto bastone non è abbastanza grosso. Vabbè mo non ve faccio tutto l’elenco dei bastoni. Quarche giorno dopo me ritrovo davanti ‘na scena simile, ‘n antro regazzino e ‘n antro energumeno che se piano a pizze pure loro. Mo l’istinto mio era sempre de provà a fermalli ma, visto che m’avevano spiegato come funziona, cerco de adeguamme. Allora pio un bastone e provo a passallo ar regazzino ma subito l’amico mio, sempre lo stesso, me ferma e me chiede: ma che stai a fa? E io dico: aho sto a fa er liberale me l’hai insegnato tu! Ma non hai capito gnente non lo vedi che è er regazzino che ha cominciato? Guarda che occhio nero c’ha quello. Così pia er bastone e lo passa all’energumeno. Ma mo lo sfonna proprio. Così se impara er liberalismo. A me quarcosa non me tornava, epperò me ricapita de incrocià ancora un antro regazzino e un antro energumeno che se stanno a corcà de mazzate. Che poi io dico che se stanno a corcà ma alla fine er grosso delle pizze in faccia le pia tutte le vorte er regazzino de turno. A quer punto io veramente non so più che fa, quindi aspetto l’amico mio liberale e je chiedo: mo stavorta er bastone a chi lo devo passà? E lui me guarda proprio come er maestro delle elementari deluso: ma quale bastone, er regazzino è armeno, te ne devi sbatte er cazzo.  Mo lui è liberale studiato quindi non ha detto sbatte er cazzo ma ha detto “ti devi scotolare la metafora aviaria” ma a quel punto io ero un po’ disorientato e j’ho risposto, senti però a me sto liberalismo me lo devi spiegà mejo che non te sto a capì.E lui me fa: eccerto, ma tu sei in grado de capì tutta la profondità der liberalismo? Perché vedi er liberalismo, soprattutto ner 2023, è una complessa dottrina socio-politico-filognostica basata sur diritto e la preminenza della libertà nell’habeas corpus della dichiarazione individuale dei popoli antani come costituzione materiale del lonfo che s’archipatta e non gluisce che è difficile da spiegà a na mente semplice come la tua ma che potremmo sintetizzà co’ la formula “Io e l’amici mia famo come cazzo ce pare”. Stavorta ha detto proprio così.