Caro Babbo Natale,
quest’anno prima di partire devi prendere qualche precauzione in più: per prima cosa attento all’abbigliamento, Rampelli ha fatto casino per una stella rossa figuriamoci per tutto il vestito. Se posso darti un consiglio, vai su qualcosa di leggero e poco vistoso che qui da noi il clima è brutto, sia in senso letterale, sia in senso elettorale e sia in tutti gli altri sensi. Però mi raccomando qualsiasi colore ma no blu estoril!
Poi manda in pensione le renne e le slitte: adesso il mezzo di trasporto natalizio più trendy è il carro armato! Devi solo stare attento a metterci sopra le bandierine giuste. Lo stesso concetto lo puoi applicare anche a quelli che muoiono sotto le bombe. Forse tra un po’ varrà anche per i pedoni, quelli in fila alla posta, quelli che usano il vivavoce in treno. La sperimentazione sui barconi procede bene: per ora proviamo soltanto a deportarli altrove, ma credo che siamo quasi pronti per fare il salto di qualità. In realtà questa cosa della deportazione è anticostituzionale, ma il governo è così stupido che ancora non ne ha preso atto e si vanta di quanto la sua riforma somigli a quella di Sunak, anch’essa incostituzionale. Mi sa che sulla stupidità il salto l’abbiamo già fatto.
Però in compenso facciamo grossi passi avanti con l’intelligenza artificiale. Ecco, su questo ti avviso che molti avranno scritto le letterine usando ChatGPT: le puoi riconoscere facilmente perché sono quelle con i congiuntivi giusti.
Veniamo ai regali: se qualcuno ti ha chiesto un trenino elettrico o è un bambino con la fissa del vintage oppure è Lollobrigida; se vuole la pesca dell’Esselunga, è Giambruno; le patate sono per Giuliano Amato, la carota per Gasparri, la motosega giocattolo è per Marattin. L’apparecchio acustico è per La Russa, così la prossima volta che qualcuno grida “Viva l’Italia antifascista” riesce a sentirlo. Il panettone è per Chiara Ferragni; dice va bene l’inflazione, ma un milione di euro per un pandoro inizia ad essere troppo. Poi per favore porta un nuovo libro fantasy alla Meloni, sono vent’anni che si è incastrata su quei due che ha letto. Non cambierà niente ma almeno non ci annoiamo. Al parlamento se possibile porta dei politici nuovi, anche usati ma tenuti bene, non andiamo troppo per il sottile.
A noi portaci un po’ di rassegnazione. Che almeno moriamo tranquilli, se proprio dobbiamo soccombere a questo stato di cose almeno lo facciamo senza avvelenarci il fegato tutti i giorni. Regalaci una serenità commisurata alla nostra impotenza. Regalaci vagonate di selfie, di social, di reality, di gossip, di polemiche inutili, di scandali senza conseguenze, rincoglioniscici fino a farci dimenticare tutto il resto. E se il resto non serve a niente, portatelo via una volta per tutte. Se la nostra rabbia, le nostre lacrime, la nostra miseria, la nostra disperazione, se le urla di dolore non servono più a niente, se neanche davanti a migliaia di bambini morti le nostre voci possono più niente, facci almeno il regalo di portartele via tutte.
Lasciaci qua, anestetizzati in mezzo a tutti gli altri, a quelli a cui sembra normale, a cui sembra inevitabile, a cui sembra addirittura giusto, a cui sembra un diritto. Lasciaci poveri in mezzo a quelli che esultano quando sentono che i poveri soffriranno, ma sorridenti.
Se l’unico metro in cui questo mondo misura la propria soddisfazione è lo strazio che è capace di infliggere al prossimo, se l’unico destino è essere sopraffatti dalla pornografia della violenza, insegnaci almeno a goderne o dacci il valium che basta a scordarla.
Se non possiamo fare altro che guardare, se l’unico ruolo che ci è concesso è quello di spettatori, inermi, insegnaci almeno a voltarci dall’altra parte, a tacere, ad alzare le spalle, a considerare la catastrofe ineluttabile come un tramonto.
Tu che non esisti, insegnaci a vivere la nostra irrilevanza. Ma forse non puoi fare niente di tutto questo, che pure tu come noi sei prigioniero di un mondo immaginario. E allora aspettaci lì dove sei. Regalaci almeno l’illusione che sarai ancora là l’anno prossimo ad aspettarci, mentre ci portiamo appresso la nostra angoscia, e la vergogna, i sensi di colpa e la rabbia, e il gossip e le cose sceme a cui ci aggrappiamo per trovare la voglia di continuare a camminare in questa notte convinti che il tramonto che ci è caduto addosso non è stato l’ultimo; e dirci che fra un anno saremo ancora qui a scriverti un’altra letterina, per chiederti ancora la pace nel mondo, giusto per ricordare a noi stessi che quel mondo migliore è lì, in qualche punto della nostra immaginazione, che aspetta solo che ci mettiamo a costruirlo insieme.
Io proverò a esserci, tu vedi de stacce.